Man Ray, pittore e fotografo statunitense, aveva in realtà, un pesante nome e cognome, Emmanuel Radnitzsky, che gli veniva da un padre ebreo ucraino trapiantato negli Usa e, nell’idea di spianarlo in una formula più accessibile, ovvero nella versione “Man Ray”, è quasi da vedere il primo intervento espressivo di stile Dada dell’artista, laddove per Dada s’intende un movimento artistico dell’Avanguardia europea dei primi del Novecento, che rifiuta ogni atteggiamento razionalistico, s’accompagna alla dissacrante negazione di forme e significati ed, è caratterizzato dal principio della casualità e dell’attribuzione di un nuovo valore, ad oggetti trovati nella quotidianità e decontestualizzati.
Nato a Philadelphia nel 1890, Man Ray ben presto si trasferì a New York, dove iniziò come pittore dai forti echi surrealisti, ma ostentando già tutta la propria diffidenza verso questo mezzo classico, da lui praticato in modi sommari. Urgeva adottare strumenti a presa più rapida e, questi furono, soprattutto la fotografia e l’assunzione diretta di oggetti “tali e quali”, non mutati da alcun orpello, restituiti nella loro veste consueta. In ciascuna di queste vie il giovane newyorkese ebbe guide eccezionali: nella prima, il grande fotografo Alfred Stielitz, nell’altra Marcel Duchamp. E proprio Duchamp gli consentì uno strepitoso esordio nel genere delle foto, dedicate a particolari minimi, quando Man Ray si limitò a riprendere un deposito di polvere accumulatosi sul capolavoro dell’altro, il “Grande Vetro”. Ma soprattutto, egli fu pronto a seguire l’esempio duchampiano sulla via maestra del “ready-made”, magari come diceva la formula, opportunamente “aiutato” con qualche trovata supplementare: come quando coprì le spoglie presunte del grande Lautréamont in una coperta avvolta di lacci, così anticipando l’artista contemporaneo, denominato Christo; od “ostruì” lo spazio con una sfilata di leggere ed aeree stampelle per biancheria; o si permise di fondere in bronzo una banalissima scopa.
Nel 1921 Man Ray prese la grande decisione di sbarcare a Parigi, ma fu un passaggio naturale, per nulla traumatico, propiziato dalla continua e feconda amicizia con Duchamp. Sulle rive della Senna, in una notte famosa di cui egli stesso ci narra, gli avvenne di realizzare il suo massimo “exploit”: pare che abbia dimenticato alcuni oggetti appoggiati in ordine casuale su carta fotosensibile, avendo così il piacere di sorprenderne, al mattino, i pallidi fantasmi generati per contatto: nascevano in tal modo i favolosi “Rayogrammes” che lo resero celebre in tutto il mondo. Ma la fotografia gli offriva, in quegli anni duri di sperimentalismo non accettato dal pubblico, un porto di espressione libera; smisurata è infatti la galleria di ritratti da lui eseguiti, in modi nitidi e regolari, sempre pronti, però, a scavalcare la soglia della normalità e a prestarsi ad avventure singolari, per esempio attraverso la solarizzazione, una tecnica che “brucia” le forme, mentre ne accentua i contorni. E del resto, anche qui non tardavano a sopraggiungere gli “aiuti” di puro spirito dadaista, all’insegna dello humour, come quando egli stampò sulle natiche della bellissima Kiki de Montparnasse, sua compagna di quagli anni ruggenti, due chiavi di violino, ottenendo così il divertente, paradossale “Violon d’Igres”.
Man era puntualmente attirato e conquistato dal tema iconografico del nudo femminile, che nelle sue insuperabili immagini, scattate con un’immediatezza da record, non esibisce alcunché di ostentamente volgare, anzi si veste di un erotismo raffinato e di una capacità simbolica, che va oltre la pura fisicità , per rimandarci all’espressione di un linguaggio di sensazioni e di percezioni, affidato all’inconscio. Esempio di tutta evidenza l’elegantissimo busto femminile, percorso solo da fasci luminosi ma soffusi alternantisi all’intensità sofisticata del nero chiaroscurale, che ho scelto di offrirvi come copertina iconografica introduttiva di quest’articolo, per rivelarvi, miei adorati Naviganti su BeppeBlog nonché irrefrenabili cultori del Bello, il sublime talento di Ray nell'”onorare” la nudità femminile con assoluto rispetto, senza alcuna eccesso, dato da una bassa strumentalizzazione carnale e pulsionale.
Ma contro la seduzione elitaria di esiti di questo genere, propiziati dai bellissimi nudi femminili cui egli ricorreva, Ray sapeva anche elevare la selva di strali acuminati che si protendono, in “Cadeau”, ovvero “Doni” in francese, dalla superficie piana di un banalissimo ferro da stiro. Mentre continuava a coltivare la sua passione maniacale per le labbra, sospese nel cielo, come enormi mongolfiere fluttuanti nell’aere alla ricerca di un viso che offra loro somatica accoglienza e completa espressività .
Per Ray l’insidia, la provocazione sono sempre dientro l’angolo: ogni elemento visivo è una trappola per afferrare ciò che sta oltre il muro dei sensi e, affonda nell’invisibile dei concetti. O viceversa, per Man all’apice della carriera, una parola, un modo di dire mettono in onda fulminei riscontri oggettuali, o grafici, o pittorici, in un’incessante partita di continui rimandi visivi, che Emmanuel ha svolto magistralmente fino all’anno della morte, 1976, avvenuta nell’amatissima Parigi, dove attualmente il Maestro Ray, autentico paladino della fotografia di nudo femminile di classe, riposa per sempre. Perché è dalla donna e intorno alla donna che muoveranno, fino alla fine, lo sguardo e l’occhio inconfondibili del “nostro” Man, da superbo “Gentiluomo” edonista del click quale sapeva essere. Alla prossima emozione artistica, “stanata” appositamente per Voi, miei preziosi Amici bloggisti!! Vostra Elena P.
Complimenti Elena, hai sfornato un’altro articolo molto interessante, spero che i visitatori del Blog possano dire lo stesso!
Brava Elena, ciò che hai scritto su questo fotografo, a me fin ora sconosciuto, mi ha parecchio incuriosito e credo che appena ne avrò l’occasione cercherò qualche suo catalogo da poter visionare. Per ora ti faccio i miei più sentiti complimenti per l’articolo e per la foto che hai scelto come “copertina”, la foto di tale nudo di donna, in cui si vede e non si vede, è molto affascinante e mi trasmette emozioni e ammirazione per il rispetto per “le donne” che trasmette.Al tuo prossimo articolo mia “scrittrice” by Dany
Man Ray fu un Grande Rivoluzionario dell’Arte Fotografica!