Lo so, sembra incredibile, ma anche l’infaticabile commissario Maigret si abbandonava ogni tanto al piacere di qualche sogno. A Parigi, nel suo ufficio al Quai des Orfèvres, gli capitava d’immaginare giornate senza impegni, ore libere e vuote, la calda luce dell’agosto vacanziero, la vista serena del mare, soprattutto nell’ora in cui diventa più pallido e, come scrive la penna inimitabile di Simenon, “sembra rabbrividire prima dell’avvampare del tramonto”. Il sogno, quell’anno, si era avverato. Maigret e la signora Maigret si trovavano finalmente a Les-Sables-d’Olonne, una stazione balneare della Vandea.
Si apre così il romanzo di un Maigret-turista, alquanto inedita veste, dal titolo ovvio “Le vacanze di Maigret” (casa editrice Adelphi, pp.174, costo 8.00 €), che Georges Simenon scrisse nel novembre 1947. Ma quanto durò per il commissario quella lieta occasione di ozio e di svago? A conferma degli imprevedibili eventi che insidiano l’esistenza, la povera signora Maigret era stata operata d’urgenza, per un attacco di appendicite acuta con minaccia di peritonite e giaceva in un letto all’ospedale delle Sables, assistita da tre monache (suor Aurélie, suor Aldegonde, suor Marie des Anges) con il volto quasi nascosto sotto le grandi cuffie inamidate, simili a vele o ad ali.
Già l’assenza della moglie aveva reso monotone le giornate del commissario. Unica consolazione, oltre all’inseparabile compagnia della pipa, i frequenti calici d’un vinello bianco dai riflessi verdognoli e l’immancabile bicchierino di calvados dopo i pasti. Poi c’era la visita all’ospedale. E qui si era spalancato il mistero. Chi e in quale momento (all’ingresso? Accanto al letto della moglie? All’uscita?) aveva potuto infilargli nella tasca sinistra della giacca un foglietto di carta a quadretti? C’era soltanto una frase scritta a matita: “Per pietà , chieda di vedere la malata del 15”. E subito l’occhio esperto del commissario aveva classificato quella grafia come femminile.
Addio vacanze, caro Maigret. La bella parola dei sogni parigini poteva stare al massimo in un titolo e ora, all’improvviso, diventava beffarda. La fantasia di Simenon richiamava in servizio l’illuso commissario. Lui non doveva allontanarsi da sé stesso e dal suo ruolo, perché così vuole la legge che regola i supremi personaggi della letteratura. E dunque, per Maigret, il complice fumo della pipa, il vinello bianco, l’aroma durevole del calvados sul palato, ma fatalmente anche il labirinto dell’inchiesta, l’incidente che cambia le giornate e mostra l’imbocco d’un tunnel in fondo al quale, prima o poi, appariranno la colpa e la verità della colpa.
Addio vacanze, inesorabilmente, carissimo Maigret. Gli altri, i comuni mortali, riescono in qualche modo a strappare la ragnatela quotidiana, magari accontentandosi del deserto silenzioso delle città , senza spiagge o montagne o laghi. Ma se uno è personaggio, se uno è il commissario Maigret, non c’è luogo al mondo dove possa non essere Maigret, come in altri settantacinque romanzi.
C’è un punto rivelatore all’interno dell’intreccio-giallo, che merita di essere citato per intero. Lo si legge a pag. 29. Quando Maigret comincia l’inchiesta, va al modesto commissariato delle Sables: “C’era l’odore, che Maigret fiutava con piacere, quasi con sollievo, un buon odore greve, così denso che lo si poteva tagliare con il coltello: emanava dal cuoio delle bandoliere, dalla stoffa pesante delle uniformi, dalle scartoffie, dalle pipe fredde e dai poveri Cristi, che avevano lustrato con il loro sedere le due panche di legno della sala d’attesa”.
Com’è grande Simenon non solo nell’acutezza psicologica ma nelle perfette ricostruzioni d’ambienti e sensazioni: unico, il mio amatissimo Monsieur Atmosphère!! Non credo sia possibile, miei adorati Naviganti-bibliofili, raccontare meglio l’incombere del destino sul personaggio (addio vacanze, dovrà condurre un’inchiesta) e, al tempo stesso, descrivere il sollievo dell’odore ritrovato, come se il commissariato delle Sables fosse una casa familiare, raggiunta dopo una lunga assenza.
E l’inchiesta, che fine ha fatto? Che cosa ha rivelato il foglietto con l’invocazione, “Per pietà , chieda di vedere la malata del 15”? Ahimè, c’è una regola severa quando si recensisce un giallo: non si deve svelarne la soluzione, pena l’odio eterno dei lettori. Ebbene, mi è concesso dirvi che il foglietto-chiave l’aveva scritto suor Marie des Anges; che la malata del 15, una ragazza di diciannove anni, muore prima che Maigret la veda; che tutta la vicenda, con due delitti, ruota intorno al folle, insostituibile spasimo della gelosia per una donna bellissima, che il marito tiene segregata al mondo.
Nient’altro si può dire. Al massimo, imitando le atmosfere di Simenon, si può aggiungere che la confessione finale avviene mentre nella luce d’agosto, dalla finestra, si vede la spiaggia dorata delle Sables, con sagome di bagnanti sotto gli ombrelloni colorati e qualcuno che si tuffa nelle onde, “scintillanti come scaglie di pesci fantastici”. Buona investigazione narrativa, miei novelli Maigret, ovunque voi siate a regalarvi rigeneranti e tonificanti vacanze, al mare, in collina, ai laghi o sulle vette…Purché non aleggi alcun delitto e, attenzione, mi raccommado, alle camere numero 15 e al “morbo verde” della gelosia!!! Vostra Elena P.