Sensibile ed acuto testimone del proprio tempo, Giambattista Tiepolo (Venezia 1696-Madrid 1770), artista “frescante” raffinato e leggiadro, fissò lo splendore di un’epoca irripetibile, il Settecento veneziano, in ogni sua opera, dalle tele più sfarzose fino agli affreschi di tema religioso e mitologico, determinanti per la diffusione del nuovo gusto rococò, in tutta Europa.
Virtuosismo illusionistico e fantasia decorativa, gusto teatrale e scenografico, potenza evocativa e respiro cromatico contraddistinguono l’espressione artistica del Tiepolo, dove i cieli, tersi e luminosi, si dilatano, con grazia infinita e con celeste vividezza, lungo volte e soffitti, dove il tono aulico si fonde con particolari di raro effetto realistico, dove il corporeo e lo spirituale sembrano congiungersi nello svelare misteri ed enigmi lontani e, dove infine le atmosfere olimpiche o trascendenti sembrano conservare sempre qualcosa di terreno, di vitale, di naturalistico. Ebbene, miei cari Occhi altrui che oltre lo schermo siete affamati di nuove percezioni estetiche, è tra i liberi e sontuosi cieli tiepoleschi che troverete sazietà visiva, esplorando nel dettaglio una delle opere, senza dubbio, più armoniose e più affascinanti delle produzioni lagunari di Giambattista, eccellente allievo del Lazzarini e del Piazzetta: si tratta della tela allegorica “La Nobiltà e la Virtù abbattono la Perfidia”, riportata quale immagine di “copertina” e, datata 1744-45.
Alcune notazioni storiche s’impongono, prima di “entrare” totalmente dentro le trame compositive e cromatiche dell’opera, per inquadrare le fasi di committenza e di realizzazione della tela. Commissionata dalla potente famiglia udinese dei Barbarigo nella prima metà del Settecento, la tela divenne in seguito proprietà del casato Donà delle Rose e, solo nel 1934, fu “importata” definitivamente a Venezia, previo acquisto da parte della municipalità del centro lagunare. Attualmente la sua collocazione, entro una cornice di stucchi di rara bellezza, è nel piano nobile del Museo del Settecento veneziano, ovvero Museo Cà Rezzonico, nella cosiddetta Sala del Tiepolo, accanto ai due soffitti tiepoleschi originari già presenti nella sede fin dalla sua edificazione, dal titolo “Allegria nuziale” e “La Nobiltà e la Virtù accompagnano il Merito verso il tempio della Gloria”.
Tela che sprigiona una maliosa lievità e che dispiega, dinnanzi ai nostri occhi, un universo rappresentativo limpido e nuovo. Nell’intento figurativo del Tiepolo, se osserviamo con cura ed attenzione il dipinto, tutte le divinità dell’Olimpo ed i superbi, avidi eroi del Mito classico e della Bibbia sembrano scomparsi: hanno abbandonato gli affollati cieli simbolici della cultura occidentale e sono fuggiti “pittoricamente”, portandosi dietro il loro bagaglio di grandezza e di semplicità , di brutalità ed anche di tragicità . Al loro posto, per mano geniale del Tiepolo, si alzano più leggere dell’aria, figure allegoriche equivalenti ad astrazioni morali: la Nobiltà e la Virtù d’animo riescono a sconfiggere la crudeltà , la cattiveria mentale, ossia la perfidia. Esaltati in immagini elegantissime, preziosamente atteggiati, sembrano trionfare gli Alti Sentimenti. Ma è proprio così? E’ questo il messaggio più vero e profondo che sottende il senso dell’intera opera?
Soprattutto, va detto, trionfa la pittura d’effetto in questo dipinto. Tiepolo sa convincerci, con maestria insuperabile, di tutta una serie d’illusioni. Vere e proprie illusioni ottiche: tanto ipnotica e forte è la sua pittura in questo, da farci sentire, inequivocabilmente, il peso di una sostanza assoluta, là dove di solito si danno soltanto disegno, colore e spazio. L’unica divinità , l’unico personaggio eroico è davvero la pittura, nella sua capacità sbalorditiva di costruire e di sostenere tutto un mondo: imponendogli le proprie leggi, trascinando cieli, nuvole, angeli nei palazzi e nelle chiese, sulle superfici più anguste e limitate, che diventano, grazie al tocco prodigioso di Tiepolo, supreme porzioni di firmamento, di volte celesti, di palcoscenici presi in prestito dalla Natura più armoniosa e più idilliaca. Per certi aspetti, è una pittura che sembra peccare di manierismo e di affettazione. Ma senza la furia quasi espressionistica, che animava il primo periodo della formazione tiepolesca.
Qui, in questo arioso capolavoro, i personaggi sono in uno stato di quiete: quasi al punto d’arrivo di tutta un’avventura coreografica, al termina di una danza aerea e volteggiante. Tiepolo decora, con le sue grandiose composizioni di figure allegoriche, cupole, volte, soffitti. Ma è soltanto per questa ragione materiale che il suo è un mondo sospeso nel cielo e, se tanti dei suoi personaggi sembrano galleggiare, volando nell’aria? Forse, enigma nell’enigma per i miei più arguti Lettori, non è proprio così. Forse è come se, con il suo Gran Teatro Metafisico (nel senso filosofico del termine, ovvero oltre il fisico, oltre il tangibile), Tiepolo volesse raccontare una specie di fiaba immensa ed interminabile, dagli echi universali. Un Teatro in cui, prima di tutto, si stravolgono le dimensioni fondamentali del tempo e dello spazio, come in ogni fiaba che si rispetti.
Ecco, allora, che la legge di gravità si toglie e si vince (almeno sulla tela). E’ il primo, decisivo passo verso l’erompere del Fantastico. Liberi, leggeri, i personaggi del Tiepolo vengono alla ribalta della Storia e, non solo della storia della pittura occidentale. Non rappesentano caratteri, sentimenti, passioni; non mettono in scena eventi drammatici o addirittura tragici. S’impongono come i protagonisti di una grande fiaba, che popolano, per primi, a cavallo del Settecento e del secolo dei Lumi, i cieli vuoti di santi e di pastori della modernità . Forse, nell’intento rivoluzionario del Tiepolo, quelle figure tendono ad esprimere una cosa sola, ma fondamentale: la pura e semplice liberazione dell’Estetico.
Se godrete del privilegio e della fortuna di un incontro visivo “a tu per tu” con la tela, vi suggerisco di porre l’attenzione su alcuni elementi di spettacolare originalità , che concorrrono a delineare il corredo peculiare dell’impronta creativa tiepolesca. In primis, si noti nella figura centrale in alto, la Virtù, il panneggio gonfio e maestoso, capace di sostenerla nell’aria con più forza ancora, di quanto la regga la sua ala scura e ferma. Un panneggio che sembra evocare, nel tempo, lo sforzo compiuto dal personaggio nella sua contesa con la perfidia. Stemma, insegna araldica di un’azione, il panneggio si consacra, nello stesso tempo, come un sublime effetto di pittura della luce piena. Accanto, la figura della Nobiltà meno enfatica, sembra echeggiare sentimenti e passioni più pacate e composte, racchiuse in quel gesto pacificatore della mano sollevata, verso cui si protende la mano sinistra della Virtù, ancora vibrante di emozione, quasi a voler cercare la conferma di vittoria, in un gesto che la calmi e la rassereni, per sempre.
Le nuvole, solidi impalpabili, schiuma di ondate celesti, isole, arcipelaghi, esaltano la luce del sole. Con la loro inconsistenza sembrano sostenere i protagonisti del dipinto, confermandone, al contempo, davanti ai nostri occhi, l’incontenibile leggerezza. I putti, gli angioletti soavi sono un tripudio di scorci, di piccoli corpi danzanti nell’aria, come se galleggiassero nell’acqua di un immenso mare sospeso. La perfidia, privata di ogni luce, precipita, crolla rovinosamente. Tiepolo è riuscito ad unire l’immagine di un atteggiamento disordinato, scomposto, nonostate tutto, con qualche armonia formale. Nulla si sottrae alla perfezione della sua composizione. Tutto ritrova un suo personale posto nello spazio: nessuna simmetria, aerei squilibri, costellazioni fantasiose…E’ la magia fascinosa ed ammaliante dell’inimitabile Giambattista e dei suoi cieli, tutti dentro una stanza epica, quella del Settecento veneziano!!
A questo punto, si rende necessario fornirvi indicazioni per gustare dal “dal vivo” l’eccellente capolavoro tiepolesco: la sede è il Museo Cà Rezzonico, sestiere Dorsoduro 3136, primo piano nobile; orari, dal 1/4 al 31/10 dalle 10 alle 18, dal 1/11 al 31/03 dalle 10 alle 17; costo del biglietto 6.50 €; info tel. e fax 041/2410100; sito web http://www.museiciviciveneziani.it. Buon viaggio!!! Vostra Elena P.