Un nome poco noto ma di estrema rilevanza artistica quello di Armand Guillaumin, su cui faremo luce, per sottolineare la sua encomiabile coerenza espressiva e stilistica. Fu l’unico pittore impressionista che rimase puramente e devotamente impressionista sempre, fino alla fine, prediligendo gli effetti multipli della luce, le infinite possibilità del colore e giungendo all’uso esclusivo delle cromie complementari, all’abolizione dei toni grigi, a una sempre più intensa luminosità dei soggetti rappresentati.
Armand Guillaumin nacque nel 1841 a Parigi dove il padre aveva aperto un atelier specializzato in abbigliamento per la caccia. La sua infanzia fu serena, accudita da una mamma premurosa e allietata dalla presenza di due fratelli e una sorella. Nel 1848, la crisi economica e politica della monarchia costrinse però la famiglia a tornare a Moulin, città natale del babbo, dove Armand conobbe Eugène Murer, futuro letterario e critico d’arte, che gli resterà amico per tutta la vita.
Studente indolente, dieci anni dopo fu mandato a Parigi a lavorare nel negozio di biancheria dello zio Bernard. Il mestiere non gli piaceva, il suo cuore batteva già e, forte, per la pittura. Di nascosto s’iscrisse alla Scuola municipale d’arte: quando lo zio lo scoprì gl’intimò di smettere immediatamente. Una passione tuttavia non si può spegnere con un divieto: Armand di giorno riprese ad occuparsi di federe e lenzuola, ma di notte allume di candela, si applicava con ostinazione ai pennelli e alla lettura dei romanzi di Balzac, soprattutto “Les Employésâ€, che racconta la vita tranquilla di un travet. Ispirato da questo testo, mollò lo zio e la bottega e trovò posto nella Compagnia ferroviaria Parigi-Orléans. Il lavoro non era un granché, ma gli garantiva un certo numero di biglietti gratuiti che Armand usava la domenica per andare a dipingere in campagna, en-plein air, con forti tratti naturalistici.
Nel 1861 si mise a frequentare i corsi dell’Académie Suisse: studiava con accanimento, si esercitava nel nudo e in anatomia per ore e ore, soprattutto ebbe modo di stringere amicizia con futuri geni della pittura francese, Pissarro, Manet, Degas, Renoir, Sisley e Cézanne che nel 1865 lo introdusse ai celebri giovedì dello scrittore Emile Zola. In quello stesso anno creò le prime opere che sono arrivate a noi tra cui un ritratto di Pissarro realizzato con larghe pennellate opache, alla maniera di Manet: fu un esordio felice che lo incoraggiò a lasciare il lavoro nella ferrovia, per buttarsi a capofitto nella pittura, incurante della totale indigenza a cui andava incontro.
Dopo due anni dovette tuttavia arrendersi: si fece assumere al Servizio d’igiene municipale per controllare la rete stradale, tre notti la settimana. Del resto era un compito che gli lasciava molto tempo libero: Armand lo impiegava per incontrarsi al leggendario Café Guerbois con gli amici pittori e gli intellettuali alla moda e, con loro discutere e, spesso incollerirsi, di estetica, di politica, di vita e, poi per sperimentare la tecnica del pastello e per dipingere, dipingere e ancora dipingere. Anni belli e brutti quelli che seguirono. Nel 1870 la guerra franco-prussiana significò per lui fame e miseria: nel 1871 i Comunardi insorti incendiarono il suo atelier, mandando in cenere i quadri finiti e quelli a cui stava lavorando. C’erano anche le buone notizie, per fortuna: per esempio, quadri importanti come “ La Senna à Ivryâ€, che echeggiava lo stile di Monet, lo splendido ritratto di una ragazzina che diventerà sua moglie e “Nel giardinoâ€, del 1880, fatto di pennellate fini e di una grande ricchezza cromatica.
Per esempio la conoscenza del dottor Gachet, quello che proverà a curare la follia di Van Gogh e, che intanto gli comprò qualche tela. Nel 1874 fu tra i ventinove artistiche nello studio del fotografo Nadar diedero vita alla prima mostra impressionista. C’erano Renoir, Monet, Degas, Berthe Morisot, Sisley, Boudin e Guillauminche vi espose tre oli, “La seraâ€, “Paesaggio sotto la pioggiaâ€, “Tramonto ad Ivryâ€. Essere in quella compagnia migliorò la sua situazione finanziaria: a Gachet e Murer tra i suoi mecenati si aggiunsero monsieur Rondest, Tanguy, che gestiva un negozio di colori e, Martin, che faceva il mercante d’arte. Ma i guadagni non bastavano mai, c’era da aiutare la madre e i nonni, di lasciare il lavoro “notturnoâ€neanche a parlarne, malgrado le pressioni di Pissarro che voleva che Armand si occupasse solo di pittura. Era l’epoca delle mostre impressioniste, ma anche dei continui litigi tra gli artisti del movimento, dei piccoli sgarbi, delle meschinità , delle alleanze e dei tradimenti e, infine della diaspora con Cézanne, che tornò in Provenza e Gauguin che s’imbarcò per gli atolli del Pacifico.
Ognuno degli impressionisti sentiva la necessità di sperimentare nuove tecniche. Lo stesso Guillaumin cambiò, rese il colore più denso, il disegno più rigoroso, la pennellata meno frenetica, quasi filiforme. Divenne amico di Vincent Van Gogh e di suo fratello Theo, che s’innamorò dei suoi pastelli raffiguranti le chiatte sulla Senna e s’ispirò allo splendido “Vaso di crisantemiâ€, dipinto nel 1885 da Armand Guillaumin e di cui vi offriamo regalo visivo in calce a questo articolo. Nel 1887 finalmente sposò Marie Joséphine Charretton, la ragazzina che tanti anni prima gli aveva rubatoli cuore e che ora era una professoressa di francese: gli darà quattro figli e una serenità interiore che lo guarirà dalla sue cupezze e dalle sue collere e, saprà anche lenire il dolore straziante per la morte di Vincent e Theo Van Gogh.
Nel 1891 una sua obbligazione, estratta alla lotteria del Crédit Foncier, gli fece guadagnare l’incredibile somma di 100.000 franchi, due anni dopo scoprì Crozant, un piccolo borgo alla confluenza tra l’Indre e la Creuse abbarbicato in una natura a un tempo selvaggia e gentile, che gl’ispirò infinite pitture. Fu l’inizio dell’ultimo capitolo della sua vita, quello della tranquillità economica, se non della pace interiore. L’età dei riconoscimenti pubblici, tra cui la Legion d’Onore, dell’incoronazione da parte della critica,d’illuminazioni estetiche che lo portarono, con pittura fatta e di pennellate staccate, ad essere il precursore del “fauvismoâ€, senza smettere di essere impressionista.
Ma fu anche un periodo di lutti e depressioni. Lo colpì la morte di Cèzanne e di Murer, lo colpì la tragedia della Grande Guerra, che visse con apprensione, perché vi fu ferito il figlio Armand. Dopo il conflitto il mondo gli parve divenire grigio e inutile, perfino Crozant lo tradì, costruendo una diga che travolgerà il progetto dell’artista di fare della sua regione un parco nazionale. Nel 1923 smise di dipingere, nel 1927 i suoi occhi si spensero sul mondo e cessò di vivere. Au revoir, Maestro Armand, devoto figlio dell’impressionismo, fino all’ultimo respiro e fino all’ultima pennellata. Buon’arte a Tutti e alla prossima biografia pittorica! Vostra Elena P.