Una storia del pianto, che si legge tutta d’un fiato per coinvolgimento ed identificazione immediata, appare in un saggio postumo del giovane critico francese Jean-Loup Charvet, che da Achille a Victor Hugo, dai sommi pittori a Gesù e a Mozart, ricostruisce il potenziale creativo e la superiorità mistica del pianto nella storia dell’arte, che diventa, in fondo, storia dell’uomo, nell’espressione delle sue emozioni più segrete e più sincere. Eccola la carta d’identità, il biglietto da visita del bellissimo libro (spassionatamente consiglio ai Nostri sensibili ed arguti Lettori e Bibliofili) “L’eloquenza delle lacrime”, capace di conquistarvi e di tenervi incollati fino all’ultima pagina e, non è poca cosa, per un saggio (L’eloquenza delle lacrime”, pag. 96, casa editrice Medusa, costo 18,00 euro).
Autore del saggio è un raffinato ed eclettico intellettuale francese, Jean Loup Charvet, morto per tumore al cervello nel 1998, a soli 37 anni. Storico dell’arte, cantante lirico e musicologo, aveva concepito una ricerca sul tema delle lacrime, attraverso la pittura, la musica e la letteratura dell’età barocca. Rimasto incompiuto, il saggio è stato riproposto nei primi anni Duemila, nella versione più vicina all’ultimo manoscritto di un autore che, ispirandosi a Simone Weil e Pascal, definiva la sua pratica artistica “estasi metodica”.
Ebbene, il nostro viaggio nel pianto non può che partire da Gerusalemme e dal Figlio dell’Uomo, Gesù. L’edificio è (architettonicamente parlando) orrido, ma da esso si può contemplare uno dei più misteriosi ed affascinanti panorami del mondo, quello della Spianata del Tempio o delle Moschee di Gerusalemme. La struttura di quel santuario francescano vorrebbe imitare nientemeno che una lacrima, ma il nome latino che lo designa è emozionante soprattutto per il cristiano: “Dominus flevit”, “Il Signore ha pianto”. Da questa straordinaria tribuna, posta a mezza costa del monte degli Ulivi, Gesù avrebbe pianto sul destino imminente della città santa,cuore spirituale di ogni ebreo. Si legge infatti nel Vangelo di Luca: “Idòn tèn pòlikin éklausen ep’autènâ€, ovvero vedendo la città, pianse su di essa (19,41).
No era la prima volta che i Vangeli registravano le lacrime di Cristo. Celebre è la notazione di Giovanni: davanti alla tomba dell’amico Lazzaro, “edà krusen ho Iesoùsâ€, “Gesù pianse”. E la tradizione medievale appunterà l’attenzione sul volto di Cristo rigato di lacrime, dichiarando che “flevisse lego, risisse numquamâ€, cioè che nei Vangeli s’incontra la mensione del pianto di Gesù, mai quella del suo riso. Ebbene siamo partiti proprio da queste lacrime sacre, segno d’amore (“Piangete, amanti, poi che pianse Amore, scriveva Dante in un versetto della “Vita Nuovaâ€), perchè esse sono quasi l’archetipo cristiano di un simbolo capitale dell’esistenza umana e della stessa cultura.
A questa specie di parola “liquida” e coagulata sono consacrate le pagine stupende di “L’eloquenza delle lacrimeâ€, composte in modo tale da diventare una “storia delle lacrimeâ€, tracciata in forma non pedantemente diacronica o sistematica, ma, oseremo dire, “impressionistica”, com’ è appunto il mondo visto attraverso il velo iridescente di una lacrima. Una narrazione che risale quasi sino alle origini:â€L’antico Egitto racconta che il mondo è nato dalla lacrima di un dio. Achille ha pianto sul corpo di Patroclo e Priamo bagnò i piedi di Achille: Alessandro, Serse, Giulio Cesare piangevano. Dal profeta Geremia all’apostolo Pietro e alla Maddalena, che ne fanno il loro segno distintivo, dal re David a san Luigi, l’eroe, come il re o il santo, si riconoscono nelle lacrime e grazie alle lacrime.â€
A delineare questa storia, come abbiamo preannunciato, attraverso un sapiente intarsio di citazioni verbali e visive e persino di sonorità musicali, è Jean Loup Charvet, uno storico dell’arte e direttore di un insieme strumentale barocco, morto nel 1998 a soli 37 anni (poco più di quelli di Mozart). Ma, più che una storia, la sua è una parabola o, per stare al genere che più gli è caro,una partitura il cui modello ideale potrebbe essere cercato appunto in Mozart che “ha scritto due delle sue più belle arie da tenore per un uomo che piange, per un amante che cerca di consolare. Don Ottavio implora Donna Anna di asciugarli le lacrimeâ€. Il pianto, infatti, intride tutta la vita, non appanna ma esalta la conoscenza perché è uno “sguardo dell’intelligenzaâ€, al punto tale che Foscolo nel suo Proemio alla traduzione del “Viaggio sentimentale†di L. Sterne, rivestendosi nei panni di Didimo Chierico, osservava: “Lettori […] miei. Era opinione del reverendo Lorenzo Sterne, parroco in Inghilterra: che un sorriso possa aggiungere un filo alla trama brevissima della vita; ma pare ch’egli inoltre sapesse che ogni lagrima insegna a’ mortali una verità â€.
Le lacrime son gravi eppur lievi, intrecciando tragedia e grazia; anzi, presiedono al dolore e alla gioia perché, se “il gemito è l’urlo del silenzioâ€, è altrettanto vero che “est quaedam flere voluptasâ€, che c’è piacere nel piangere, come osservava Ovidio nei suoi Tristia (IV,3,27). Anzi come diceva sant’Agostino, “nessuna cosa è talmente unita alla felicità quanto il piantoâ€. “Piangere è un altro modo di vedere, d’intendere, di parlare, ma anche semplicemente d’amare. Lazzaro resuscita, solo perché viene pianto. Ä– quando Cristo piange che gli altri riconoscono che ama…Perché piangere è un esercizio di puro amoreâ€. Le lacrime, insomma, sono la “calligrafia dell’anima e dell’emozioneâ€.
Lo sono anche per la stessa esperienza di fede. Il Salmista in un verso di straordinaria efficacia afferma che il Pastore supremo delle nostre anime, Dio, raccoglie nell’otre, che è quasi lo scrigno del nomade, le perle delle lacrime umane, registrandole una per una:“Le mie lacrime nell’otre tuo raccogli: non sono forse scritte nel tuo libro?â€(Salmo 56,9). Per questo il maestro chassidico rabbì Mendel di Kotz era convinto che “Dio preferisce le lacrime più delle preghiereâ€, mentre il Bellarmino le considerava “il condimento della preghieraâ€. Perché, come si scrive nelle pagine che si aprono davanti a noi, “la lacrima spegne il fuoco del peccato e attizza quello della grazia, è una cera che purifica l’anima incendiando il cieloâ€. Purificato il cuore con il pentimento, “l’occhio vede bene Dio solo attraverso le lacrimeâ€. (V. Hugo)
Queste e altre (molte altre) sensazioni, emozioni, riflessioni, intuizioni, Charvet fa balenare nelle sue poche, dentro eppur lievi pagine. La sua attenzione si fissa in particolare sull’amata “sensibilità barocca che ama dipingere i tratti di un viso che oscilla tra riso e pianto, gravità e leggerezza, esteriorità ed interiorità â€. Soprattutto la musica lo aiuta ad esprimere maggiormente la muta eloquenza del pianto. Il sontuoso apparato di citazioni, necessarie in un testo di questo genere, raggiunge il suo apice nell’armonia del linguaggio musicale, forse ancor più nitido di quello,pur decisivo, della visione pittorica. Alla fine scopriamo che tra due filosofi, Democrito, che ride ed irride Eraclito, che piange e compiange, non c’è un’antitesi ma solo un contrappuntoâ€: “Le lacrime di Eraclito nascono dalle pieghe del viso di Democritoâ€. Tuttavia la dominante, l’ultima parola che in sé tutto annoda, è quella della lacrima, il “sim-bolo†che unisce in sé il nadir della sofferenza e lo zenit della gioia.
Ä– per questo che Petrarca nella sua canzone “Standomi un giorno solo a la fenestra” concludeva che nulla altro che pianto al mondo dura!”. “Al mondo”, certo, perchè nella Gerusalemme escatologica dell’Apocalisse Dio “tergerà ogni lacrima dai loro occhi†(21,4). Eppure, forse, subito dopo, i giusti torneranno a piangere ma, questa volta, di gioia!! Sappiate, quindi, giovani “Cuori in tempesta” che ogni vostra dolente lacrima verrà asciugata dalla carezza di Gesù, che la trasformerà in una cascata di sorrisi. Parola mia, della vostra Elena P.
Salve, è possibile avere notizie più dettagliate della scultura nella foto? Grazie
affascinante libro!! ‘
1.Grazia dice,
il 14 luglio 2009 alle 16:37
Salve, è possibile avere notizie più dettagliate della scultura nella foto? Grazie
(mi riferisco a quella riguardo alle emozioni, con una lacrima su un viso di giovane donna)
Buona sera, mi sono imbattuta casualmente in questa pagina e la foto della scultura ha suscitato in me un mix di emozioni… Vorrei farle una domanda, le sembrerà stupida, ma sono alle prese con la tesina e l’argomento che ho scelto sono le espressioni facciali. Ho fatto una serie di collegamenti, ma purtroppo ho una professoressa di arte incompetente e mi ritrovo molto spesso a studiare su Wikipedia poichè lei non spiega nulla. La mia domanda è: conosce per caso qualche artista francese che dipinse quadri in cui risulta particolarmente evidente l’espressione facciale? (gioia, paura, ansia..). Avevo pensato all’Urlo di Munch, ma avrei bisogno che l’opera fosse di un artista francese.
La ringrazio anticipatamente.
Cordiali saluti.