Giovanni Paludetti (Vittorio Veneto, 1912-2002) si è dedicato all’insegnamento delle materie umanistiche e della storia dell’arte negli istituti superiori del Veneto, a Mantova e a Roma, dove, negli anni Sessanta, ha collaborato con il Ministero della Pubblica Istruzione, terminando la carriera didattica come preside dell’Istituto Professionale per il commercio di Vittorio Veneto, che ha tuttora sede a Ceneda, suo quartiere natale. Ha collaborato con differenti testate giornalistiche e pubblicato libri di poesie, saggi di storie ed arte, oltre che alla stesura di un volume monografico sul pittore bellunese Giovanni De Min, 1786-1859 (Udine, 1959).
Dal 1937, mentre era ancora studente universitario, Giovanni Plaudetti ha curato il progetto della collezione artistica, nota per soddisfare la sua intensa passione per l’arte e gradualmente accresciuta, con l’intento di farne dono alla sua città . E’ stato lo stesso Plaudetti ad identificare il sito della collezione in Villa Croze a Vittorio Veneto, l’attuale sede,già residenza familiare degli omonimi imprenditori veneziani, costruita dall’architetto Carlo Costantini (1904-1906) in stile composito lungo il suggestivo viale della Concordia, oggi viale della Vittoria. A Giovanni Plaudetti si deve anche la denominazione della Galleria, intitolata a Vittorio Emanuele II, sotto i cui auspici si formò la città di Vittorio Veneto, unendo gli antichi nuclei di Ceneda e Serravalle e, alla madre, Maria Fioretti Plaudetti, cui si lega il nome della Collezione.
La collezione, composta di circa 620 opere tra dipinti, stampe, disegni, arredi, tappeti ed oggettistica, rispecchia fedelmente il modo in cui Plaudetti ha inteso e vissuto etica ed estetica insieme. La sua raccolta è nata e cresciuta nel segno di una soggettività esistenziale e critica coerente, tesa produrre un servizio culturale e spirituale alla Città; un’intuizione che già fu di altre grandi figure di cittadini vittoriesi: di Camillo De Carlo (che ha lasciato alla città le Collezioni serravallesi della Fondazione Minuccio Minacci), di Francesco Troyer (il fondatore del Museo del Cenedese), di Luigi Marson (dalla cui collezione ha avuto origine il Museo della Battaglia).
Da raccolta personale di un intellettuale che amava circondarsi di oggetti d’arte per personale godimento, la Collezione Plaudetti è cresciuta fino a rappresentare un progetto organico. Il nucleo originario, che testimonia l’intensa frequentazione intercorsa fra Plaudetti e i più importanti artisti veneti del Novecento, si è venuto arricchendo con opere significative scelte con l’intento di costruire un originale percorso che attraversa l’intera storia dell’arte italiana, dal Trecento fino alla contemporaneità. Di questa formidabile avventura intellettuale, Giovanni Plaudetti ha lasciato un resoconto circostanziato, composto da oltre duemila pagine manoscritte.
Nel 1944 Paludetti recupera nelle campagne di Zoppè di San Vendemmiano due frammenti d’affresco di un’antica chiesetta decorata, due testine che egli titola come San Giovanni e San Pietro Apostoli, attribuendoli al Maestro di Zoppè, successivamente identificato in Giovanni di Francia (Metz 1420-Conegliano 1493). Oggi figurano nella Prima Sala della Galleria, insieme ad una tavola a fondo oro attribuita al Maestro di Barga (sec. XIV), che costituisce l’esordio Tre- Quattrocentesco della collezione. Il Cinquecento ha la dolcezza senese di una splendida Madonna con il Bambino e due anglei attribuita a PierFrancesco di Jacopo di Domenico Foschi (1502-1567), cui segue un bozzetto di Andrea Meldolla, detto lo Schiamone (1510-1563). Accanto a queste, Plaudetti colleziona altre opere di cui accoglie le seguenti attribuzioni: una Madonna con il Bambino e S. Giovannino di Michele Tosini, detto Michele di Ridolfo del Ghirlandaio (1503-1577) ed, una di Bartolomeo Ubaldini, detto Domenico Puligo (1492-1527); una Dama che legge ed una Natività attribuite ad Angelo Tori detto il Bronzino (1503-1572)ed a Girolamo del Pacchia (1477-1535); una tela raffigurante un particolare dell’Annunciazione della chiesa di S. Maria di Meschio di Andrea Previstali, copia da attribuire al cenedese Silvestro Arrosti (1566-1636).
Il Seicento è presente con opere attribuite ad alcuni dei più famosi maestri dell’ombra e della luce, fra i quali Girolamo Forabosco (1604-1679), Mattia Preti (1613-1699), Carlo Ceresa (1609-1679). Una stampa su seta con un episodio di Storie della passione (1632) di Paulus Pontius (Paul Dupont, 1603-1658), da Pieter Paul Rubens, ricorda la grandiosa pittura fiamminga del tempo. Dal Seicento c’introducono al Settecento le tele del bellunese Antonio Dizioni (1737-1797), del “franco-romano” Marco Benefial (1684-1764), le stampe di un altro bellunese: Marco Ricci (1676-1730). Nel gruppo degli artisti ottocenteschi, fra i quali spicca il pittore risorgimentale Gerolamo Induco (1827-1890), il torinese Carlo Felice Biscarra (1823-1894), il senese Cristiano Banti (1824-1904), amico dei macchiaioli, possiamo ammirare due noti artisti trevigiani: il serravallese Pietro Paletta (1845-1911) ed il montebellunese Luigi Serena (1855-1911).
Il nucleo espositivo, che si sviluppa nei piani superiori di Vlla Croze, è rappresentato da opere d’Arte Contemporanea radicate nell’esperienza artistica veneta e nel vissuto del donatore, evidenziando l’esperienza che lo ha portato a frequentare direttamente gli artisti, a vivere i loro entusiasmi e le loro ansie. Del primo Novecento è Alessandro Pomi (1890-199), con il suo virtuosismo tecnico, che testimonia le tendenze tradizionali dell’Accademia veneziana di Tito e Milesi. La sua presenza nella Collezione rammenta l’intervento a Vittorio Veneto, dove Pomi dipinse La Crocifissione nell’abside della Cattedrale.
Una quindicina di oli e tempere (dal 1909 al 1974) del multiforme genio di Guido Cadorin (1892-1976), venato di suggestioni nordiche e di dolcezza veneta, ricordano la sua lunga ricerca artistica fiorita di stilemi derivati dallArt’ Deco, ispirati al purismo o ad una monumentalità masaccesca. Il suo Ritratto di Giovanni Plaudetti (1943) testimonia una lunga frequentazione ed amicizia. Di Guido Cadorin e la notevole Figura in verde, scelta come immagine-guida della collezione. La pittura veneta del Novecento trova, in Villa Croze, un centro espositivo di primaria importanza, accostabile a Cà Pesaro, in Venezia ed, al Museo Bailo di Treviso. Fra i nomi di spicco della Collezione Plaudetti, si notino Pio Semegnini (1878-1974) e Carlo Dalla Zorza (1903-1977), che furono a fianco di Gino Rossi, fin dall’anteguerra, per gli glinizi della Scuola di Burano.
Di questa scuola veneziana, innamorata della pittura “en plein air”,troviamo una ricca rappresentanza: Marco Novati (1895-1975), Neno Mori (1899-1968), Eugenio Da Venezia (1900- 1922), il geniale Fioravante Seibezzi (1906-1974) ed il vittoriese d’adozione Juti Ravenna (1871-1972). La solitaria ricerca veristica di Natalino Scarpa Bentivoglio detto Cagnaccio di San Pietro (1897-1946) si ritrova in Nadl el ganzè, uno straordinario pescatore del 1938. La veduta di San Giorgio di Virgilio Guidi (1891-1984) testimonia l’opera di un autore che innovò l’arte veneta dopo la prima guerra mondiale. Ma in Villa Croze sono presenti anche altri artisti che parteciparono, negli Anni Venti, di quella particolare temperie della pittura veneta e vissero poi un’esperienza operosa. Fra questi Ferruccio Scattola (1873-1950), che nel suo vagabondare dipinge anche a Vittorio Veneto; la pittrice allieva di Semeghini, Gabriella Orefice (1893-1984); il chiarista di Rovigo Luigi Cobianco (1893-1967); il buranello Gigi Candiani (1903-1963); il professor Mario Disertori (1895-1980), di Padova.
Sono presenti anche opere di grandi artisti non veneti, ma che hanno operato significativamente in laguna: Filippo De Pisis (1896-1956), Bruno Saetti (1902-1984), Giuseppe Cesetti (1902-1990). Di Felice Carena (1879-1966), che fu amico di Plaudetti, si può ammirare una splendida Pietà (1955), che sviluppa il tema già affrontato nella pala 1938-39, oggi ai Musei Vaticani. C’è uno studio del friulano Armando Pizzicato (1910) del 1946; opere del visionario bellunese Fiorenzo Tomea (1910-1960), dei veronesi Guido Farina (1892-1957) e Pino Canarini (1897-1972). Un nutrito gruppo di opere appartiene alla splendida pattuglia di artisti trevigiani composta da Nino Springolo (1886-1975), Nando Coletti (1907-1979), di cui sono presenti altre trenta opere e, Franco Batacchi (1912-1971). Il mondo artistico vittoriese è rappresentato dal decano Armando Tonello (1897-2001), da Aldo Rosolen (1912-1941), un giovane talento purtroppo precocemente scomparso, da Delfino Varnier (1908-1963), da Luigi Cillo (1920), dall’opitergina Gina Roma (1914-2006).
Una sala particolare Plaudetti la volle intitolare alla memoria della sorella Cecilia, riunendovi opere d’epoche diverse, di spiccato significato anche affettivo: una Madonna con il Bambino e San Rocco di attribuzione contesa fra Palma il Vecchio (1480 ca.-1528) e Paris Bordon (1500-1570), una Santa Cecilia attribuita ad Onorio Marinari (1627-1730), un Suonatore attribuito a Giuseppe Angeli (1709-1798) ed, una Dama nei modi di Michelangelo Grigoletti (1801-1870). Valore memoriale ha anche l’allestimento della Sala Risorgimento, posta all’ultimo piano della Villa, che conserva una camera della famiglia Plaudetti, in stile Impero, e cimeli d’ispirazione patriottica, secondo le disposizioni del Donatore. Buona visita! Vostra Elena P.
Galleria Civica d’Arte Medievale, Moderna e Contemporanea Vittorio Emanuele II, Collezione Maria Fioretti Paludetti, Viale della Vittoria, 321, Vittorio Veneto, tel. 0438/552905, fax 0438/946702, e mail galleriavittorio@virgilio.it; orario di apertura: venerdì, sabato, domenica (invernale) 10-12; 14-17, (estivo) 10-12; 16-19; ingresso: singolo 3,00 euro; biglietto unico musei civici 5,00 euro.
Sarebbe necessario correggere gli errori, ve ne sono un sacco !!!!
Mario non erano errori, ma un virus che ha modificato gli accenti, i virgolettati e altre forme di punteggiatura…