“Vincent van Gogh. Il nome mai scritto”, di Giancarlo Ricci per Milano Arte Expo, note sul libro di Mariella Guzzoni: “L’infinito specchio. Il problema della firma e dell’autoritratto in Vincent van Gogh”, et al./Edizioni, Milano 2012. “Perché l’opera di Vincent Van Gogh esercita su molti di noi un magnetismo disperato? Ogni volta che si guarda un disegno o un dipinto o una lettera si scopre qualcosa di nuovo, di più potente o di più sottile. Una volta che si sa leggere, si legge veramente, scriveva Vincent dalla terra dei minatori, ma sappiamo leggere?, come profetizzava Jacques Lacan, hanno vinto i gadget?”. La cosa straordinaria in questo libro è che evidenzia una constatazione su cui pochi si sono soffermati: in più di duemila opere del grande artista, il nome Vincent Van Gogh non è mai scritto.
Il nodo della firma, la sua assenza, la sua parzialità, interroga radicalmente il rapporto tra l’autore e la sua opera. Rapporto che interroga anche, soprattutto nelle ultime tele abitate da stormi di corvi che si levano da campi dorati, intorno alla funzione della lettera: le grandi V che alludono all’iniziale di Vincent. Ecco che “l’ombra melanconica dell’esclusione dal desiderio dell’Altro cade sull’opera”, osserva Massimo Recalcati nella Prefazione. “Vincent-falena, Vincent-icaro – come direbbe Bataille – troppo vicino alla Cosa per non restarne ustionato a morte, per non impazzire, per non farla finita”.
Questo lavoro si pone l’obiettivo di dare un contributo agli studi di Vincent Van Gogh mettendo a fuoco l’aspetto dell’identità. Capire il problema dell’identità vuol dire provare a capire, prima di tutto, l’uomo, la complessità della sua opera, l’altalena lacerante tra tragedia e poesia, tra carte, dipinti e lettere. “Il pensiero di partenza lo ricavo dallo studio di Massimo Recalcati che individua nel nome Vincent, il nome di un altro, il significato alla base della melanconia vangoghiana”. L’autrice, Mariella Guzzoni, che ha compiuto studi di pittura (all’Accademia Lorenzo Lotto e all’Accademia di Carrara di Bergamo) da anni si dedica a studi su Van Gogh. Svolge attività di ricerca artistica intorno ai temi della marginalità, avvalendosi della fecondità del rapporto tra psicoanalisi e arte.
“In questo lavoro mi sono così incamminata su tre sentieri, tra vedute diverse: l’occhio linguistico (Van Gogh scriveva in tre lingue), l’occhio femminile (soffriva in silenzio), e quello artistico (la pratica del vuoto). Sentieri che provano a mettere in relazione immagini, vita e parola. Tanti percorsi da esplorare per capire come Vincent vedeva le cose, cosa lo tormentava, e perché. La prima prende in esame la questione dello specchio, dallo specchio dell’Altro allo specchio reale, in un susseguirsi di specchi fino allo specchio dello specchio. La seconda – e forse la più significativa – analizza una firma che non c’è. Il dato primo è che in più di duemila opere, Vincent Van Gogh non è mai scritto. Da nessuna parte. Lo specchio invisibile si scopre dunque nella sua firma, che conosce in dieci anni un’incredibile evoluzione. Si fa strada pian piano un’immagine segno che lo sovrasta, che si impadronisce di lui, fino alla scelta finale, l’autodissoluzione. La terza è in forma epistolare, una lettera a Eva Marisaldi. Lì provo a scrivere cos’è per me quella strana parentela tra psicoanalisi e arte.”
Mariella Guzzoni, L’infinito specchio. Il problema della firma e dell’autoritratto in Vincent van Gogh, et. al./Edizioni, Milano 2012
Notizia tratta dal sito http://milanoartexpo.com