La fama di Jane Austen è cresciuta a dismisura con il trascorrere del tempo e le sue qualità di scrittrice rivoluzionaria, di artista raffinata, la sua “modernità” sono state ripetutamente sottolineate dai numerosissimi interventi critici del Novecento, a cui si devono l’esatta collocazione ed il riconoscimento di un ruolo di primo piano nell’ambito inglese dell’Ottocento. Jane Austen iniziò la sua carriera di scrittrice verso il 1787, cioè all’età di dodici anni, tredici anni per interromperla trent’anni dopo quando la morte la colse mentre stava lavorando a “Sandition”, il settimo romanzo rimasto incompiuto.
E’ necessario tener presente questo fatto perchè le date ravvicinate di pubblicazione dei romanzi possono creare degli equivoci. In realtà bisogna distinguere tra un primo gruppo di cui fanno parte “Ragione e sentimento” (1811), “Pride and Prejudice” (1813) e Northanger Abbey (1818) che possiamo considerare, genericamente, opere giovanili perchè sono altro che la versione notevolmente riveduta e rielaborata di scritti risalenti all’ultimo decennio del secolo precedente. Gli altri tre romanzi, “Mansfield Park” (1814), “Emma” (1815) e “Persuasione” (1818) appartengono alla maturità di Jane Austen, rivelano una maggiore complessità e furono scritti tra il 1811 e gli ultimi mesi.
“Persuasione” (casa editrice Oscar Mondatori, pagine 321, costo 8,40 €) è, quindi, l’ultimo romanzo portato a compimento da Jane Austen e fu scritto tra l’8 agosto 1815 e il 18 luglio 1816, ma il 6 agosto dello stesso anno il capitolo 22, in cui il capitano Wentworth rivelava ad Anne Elliot il proprio amore in circostanze piuttosto comiche venne costituite con gli attuali, splendidi capitoli 22 e 23. “Persuasione” fu pubblicato postumo, in quattro volumi, unitamente a “Northhanger Abbey”, nel 1818 senza che con ciò si volesse suggerire un accostamento improponibile, tra i due romanzi ma semplicemente perchè così conveniva all’editore londinese Murray. All’inizio del primo volume una breve ed affettuosa nota biografica, scritta dal fratello Henry, rivelava finalmente al pubblico dei lettori l’identità della scrittrice da poco scomparsa.
Il romanzo deve il suo titolo all’avvenimento che ne determina l’azione ma che è fuori dai limiti temporali, in cui essa si svolge. Frederick Wentworth, ufficiale di marina che non ha ancora ottenuto il comando di una nave e, quindi, la possibilità di far fortuna, s’innamora, ricambiato, della diciannovenne Anne Elliot appartenente ad un’aristocratica famiglia del Somersetshire. Anne incontra la decisa opposizione del padre, il vanitoso Sir Walter ed è soprattutto “persuasa” dalla matura Lady Russel, che nutre per lei un affetto materno, a rifiutare il fidanzamento. Trascorrono otto anni e Frederick Wentworth, ormai capitano ed in possesso di un solido patrimonio, ritorna per far visita al cognato, ammiraglio Croft, a cui gli Elliot, in seguito a difficoltà finanziarie, sono costretti ad affittare la casa e la tenuta. A questo punto inizia la narrazione delle vicende che porteranno i due protagonisti a superare le barriere determinate dagli avvenimenti di un tempo ed a riscoprire il sentimento che li aveva uniti.
La critica ha variamente interpretato “Persuasione” ed in genere concorda nel ritenerlo un’opera singolarmente diversa dalle precedenti. Sotto il profilo puramente strutturale il lungo flash back del capitolo 4 sugli avvenimenti di otto anni prima rappresenta un’assoluta novità, in quanto viene a condizionare le azioni successive dei due protagonisti. L’ottica attraverso cui il lettore segue gli avvenimenti è quella di Anne Elliot, che riconosce di aver commesso uno sbaglio nel lasciarsi persuadere da Lady Russel, ma che non può ovviamente modificare il passato e dovrà, quindi, una volta riscoperto in sè, l’amore di un tempo, limitarsi ad attendere e sperare che altrettanto avvenga per Wentworth. In un saggio recente D.H.Harding ritiene che “Persuasione” ci offra una rielaborazione straordinariamente matura del tema di Cenerentola, riprendendolo da Mansfield Park in cui la protagonista Fanny Price ce ne offriva una prima e già convincente interpretazione. Ma il parallelo con la favola non può superare certi limiti.
Non abbiamo, a conclusione del racconto, un banale lieto fine ma un rigoroso, durissimo giudizio morale, che coinvolge la classe a cui Anne Elliot appartiene: “Il capitano Wentworth, con venticinquemila sterline ed avendo raggiunto nella sua professione il grado più alto che i meriti e la laboriosità permettessero di conseguire, non era più uno sconosciuto. Era anzi ritenuto degno di rivolgere le proprie attenzioni alla figlia di un baronetto sciocco e prodigo, che non aveva avuto nè principi, nè il buon senso necessari a mantenersi nella condizione, in cui era stato posto dalla Provvidenza”. La polemica antiaristocratica che caratterizza il libro ed ha illustri precedenti settecenteschi è accompagnata da una costante rivendicazione del ruolo, che le emergenti classi mercantili venivano assumendo in quegli anni di strenua opposizione inglese alla Francia napoleonica.
Anne Elliot, sposando Wentworth, fa dunque una significativa scelta di classe e l’isolamento finale di Sir Walter e della sorella Elizabeth è condanna ad un tempo etica e storica. E’ dunque un’Anne matura e consapevole, non più Cenerentola, quella che sceglie di recidere i legami con la famiglia. Un altro, non trascurabile, aspetto del romanzo è costituito dall’attenuarsi della polemica antiromantica, che aveva così a lungo impegnato la scrittrice. Ne abbiamo un esplicito accenno nel capitolo 4, in cui si dice di Anne Elliot che “in gioventù l’avevano costretta alla prudenza, col trascorrere degli anni era diventata romantica: conseguenza naturale di un innaturale inizio”. Ma è soprattutto la tonalità autunnale e dolcemente malinconica di molte pagine a suggerire, almeno in questo libro, un antiromanticismo più sfumato. La “contemplazione degli ultimi sorrisi dell’anno sulle foglie color del rame”, la “ripetizione di alcune tra le migliaia di descrizioni poetiche esistenti sull’autunno” da parte di Anne Elliot durante la passeggiata a Winthrop non sono oggetto d’ironia.
Il triste, malinconico capitano Benwick il cui dolore inconsolabile per la morte della fidanzata viene lucidamente analizzato come frutto di autosuggestione non è presentato in termini caricaturali come tutte le premesse lascerebbero supporre e come certamente sarebbe avvenuto in romanzi precedenti, anzi le sue continue citazioni da Scott e da Byron di cui dimostrava così intima conoscenza, ripetendo “con tanto sentimento e trepidazione quei versi che descrivevano un cuore infranto o un animo distrutto dalla disperazione”, non suscitano l’ironia di Anne che si limita a suggerire con blando “buon senso” un rimedio a tanta “sensibilità”: a chi si permise di raccomandargli di dare maggior spazio alla prosa nelle sue letture quotidiane. La tenerezza, così caratteristica di “Persuasione” e rilevata, fra gli altri, anche da Virginia Woolf ha, però, a volte determinato un equivoco: vi è chi, per eccesso di biografismo, ha voluto mettere in rapporto la ricorrenza frequente della tematica autunnale con il declinare delle forze della scrittrice.
Che questa interpretazione sia sostanzialmente falsa e che quindi “Persuasione” non sia una specie di canto del cigno o di ultimo messaggio ma, al contrario, un’opera in cui i temi più caratteristici della narrativa di Jane Austen vengono coerentemente sviluppati, lo possiamo dedurre dalla lettura dei dodici capitoli di “Sandition”, il romanzo interrotto a quattro mesi dalla morte, che ci rivelano possibilità narrative nuove che attendevano soltanto di essere sviluppate da una scrittrice ancora in possesso di tutte le sue facoltà, ancora impegnata nella lunga ricerca iniziata tanti anni prima, nella ormai lontana adolescenza. Buona lettura! Vostra Elena P.