Vincent Van Gogh, indubbiamente il più geniale e tormentato tra i talenti pittorici del Post-Impressionismo, così scriveva al fratello Theo, riferendo la scoperta destinata ad influenzare gli ultimi anni della sua produzione artistica: “Se si studia attentamente l’arte giapponese, allora si vede un uomo, incontestabilmente saggio ed intelligente, impegnato a dedicare il suo tempo, ma a che cosa? A studiare la distanza della Terra dalla Luna? No. A riflettere sulla politica del cancelliere Bismarck? No. Quest’ artista dedica il suo tempo a studiare un filo d’erba. Questo filo d’erba, però, lo porta a disegnare le piante e poi le stagioni, i grandi paesaggi, gli animali ed, infine, la figura umana. E’ così che trascorre la sua esistenza e, la vita è troppo corta per permettergli di fare tutto. Non è, dunque, quasi una religione quella che c’insegnano questi giapponesi così semplici, che vivono a diretto contatto con la natura come fossero loro stessi dei fiori?”
Le entusiastiche parole di Van Gogh al fratello raccontano l’emozione provata, di fronte alle opere di un altro genio, che veniva da un paese lontano e misterioso. Il genio era Katsushika Hokusai, il più rilevante pittore ed incisore dell’intera storia giapponese. La stessa emozione provata da Van Gogh, davanti alle colorate stampe di Hokusai, colpì ed ispirò anche quasi tutti i maggiori esponenti dell’Impressionismo e del Post-Impressionismo, da Edgard Degas a Henri de Toulouse Lautrec, da Claude Monet a Paul Gauguin. Il loro entusiasmo per le opere di Hokusai e, di altri artisti giapponesi, si trasformò in una febbre collettiva, chiamata in francese “japonisme” (giapponismo), che s’impadronì di Parigi negli ultimi due decenni del secolo, contagiando tutta la vita artistica della capitale francese.
Edmond de Goncourt, il più brillante critico francese, scrisse in quegli anni una biografia di Hokusai, che andò letteralmente a ruba. Il compositore Claude Debussy s’ispirò all’incisione dell’artista giapponese, più nota in tutto l’Occidente, intitolata “La grande onda presso la costa di Kanagawa” (riportata in bella vista, in calce, a questo pezzo), per comporre la sua sinfonia intitolata, “La mer” (Il mare). Debussy volle proprio che, l’incisione di Hokusai fosse riprodotta sulla copertina dello spartito dell’opera. L’opera di Hokusai varcò anche i confini della Francia e durò fino ai primi anni del Novecento, coinvolgendo anche l’Art Nouveau, il movimento artistico conosciuto in Italia con il nome di Liberty. E’ un’immagine pittorica intensa, miei devoti estimatori d’arte, che ci parla della bellezza e della forza, a volte crudele, della natura, delle fatiche quotidiane dell’uomo, della sua piccolezza nei confronti della natura, ma anche della sua possibilità di piegarsi reverente ad essa, di ascoltare le armonie misteriose e, di farsi condurre dai suoi ritmi segreti.
Ma chi era Hokusai e perchè le sue opere hanno tanto influenzato l’arte europea? Il cambiamento e la sperimentazione furono l’essenza della sua arte e della sua vita. Il compiacimento di sè il suo più grande nemico. Uno dei numerosi nomi d’arte di Hokusai fu, non a caso, “Fusenkyo”, che significa “incontaminato”, ma anche “senza fissa dimora”. Il non fermarsi mai, il non essere mai soddisfatto di sè e delle sue opere, il continuo lottare per superare il livello raggiunto, fu la costante della sua vita e della sua produzione, ma anche la fonte della sua creatività . La vita di Hokusai fu movimentata ed affascinante come un romanzo di avventure, grazie all’eccentricità del pittore che nulla ha da invidiare ai grandi maestri dell’arte europea.
La caratteristica più singolare di Hokusai fu quella di aver cambiato nome, in coincidenza degli eventi più importanti della sua vita. La sua sterminata produzione artistica è contrassegnata da una lunga serie di firme diverse, che poneva sulle sue opere. Straordinariamente produttivo, estremamente versatile nello stile come nei soggetti, nelle tecniche e nei “media” usati, incline al sensazionale ed a “performances” spettacolari, dotato di uno straordinario senso dello “humour”, provocatorio e ribelle, l’eccentricità di Hokusai emergeva ancor più nel contesto di una società chiusa, rigida e gerarchizzata come fu quella di Edo, l’odierna Tokio, in cui Hokusai visse.
Hokusai, il cui vero nome era Nakajima, nacque il 31 ottobre 1760, da una famiglia povera. Lui stesso, in età avanzata, raccontava di aver iniziato a disegnare all’età di sei anni. Di certo, si sa che la sua carriera artistica iniziò all’eta di diciotto anni, quando entrò nello studio di Katsukawa Shunsho, uno dei massimi esponenti dell’arte popolare giapponese. In quel periodo il Giappone stava attraversando un profondo cambiamento. La società feudale, che da due secoli teneva il Paese chiuso alle influenze esterne ed, organizzato in un rigido sistema di caste, era in allarmante stato di crisi.
La nobiltà guerriera, i samurai, che guidavano il Paese con inflessibile durezza e spartane abitudini, stava perdendo terreno davanti ad una nuova classe sociale, la borghesia, composta soprattutto da mercanti. Questa nuova classe sociale, che andava rafforzandosi grazie alle grandi ricchezze accumulate con il commercio, aveva una visione della vita più aperta, meno legata agli austeri formalismi della classe nobile. I borghesi amavano i divertimenti rumorosi, i colori vivaci, le donne imbellettate e i locali dove si poteva fare chiasso fino all’alba. Tutto il contrario insomma dei raffinati e quasi ascetici passatempi che si concedevano i nobili e i guerrieri. I quartieri borghesi delle grandi città e, in particolare di Edo, diventarono il rifugio di una brulicante e colorata fauna che ruotava intorno al mondo degli attori del teatro popolare, ilkabuki e, alle cortigiane del quartiere di piacere di Yoshiwara. Questa variopinta umanità veniva chiamata poeticamente “il mondo fluttuante”.
Intorno a questo mondo si sviluppò un movimento artistico, che graficamente si esprimeva attraverso le stampe a soggetto soprattutto teatrale o, ispirate ai romanzi popolari. Una forma d’arte economica ma colorata e vivace, che poteva essere riprodotta in molte copie e a poco prezzo. Questa forma d’arte venne definita “ukiyo-e”, cioè “immagini del mondo fluttuante”. Katsukawa Shunsho era all’epoca il più importante artista dello “ukiyo-e” e il giovane Hokusai divenne, ben presto, il suo migliore allievo.
Dopo la morte del maestro, Hokusai diresse per tre anni un prestigioso, ma decaduto, studio di pittura prima d’iniziare a lavorare in proprio, nel 1798. Ed è proprio in questo periodo che assunse il nome che lo renderà celebre, Hokusai, che in giapponese significa “studio della stella polare” e, si affermò come l’artista più originale del Paese. La produzione di Hokusai, che aveva ormai raggiunto la piena maturità e, dei suoi allievi, è impressionante. Oltre alle stampe, il maestro dipinse quadri, illustrò libri, creò manuali illustrati a stampa, con lo scopo di offrire ai pittori dilettanti una specie di guida al disegno.
Possedeva un carattere vulcanico e bizzarro, che lo spingeva a violare le rigide regole della società giapponese, organizzando eventi degni di un artista dei giorni nostri. Nel 1804, infatti, costruì una grande impalcatura in uno spiazzo di Edo. Stese per terra una serie di fogli di carta di circa 200 metri quadri. Poi, sotto gli occhi della folla, che aumentava di momento in momento, si mise a tracciare segni sulla carta con una scopa di canne, che intingeva in un mastello pieno d’inchiostro. Alla fine, radunò i fogli e li montò sull’impalcatura. Quando il lavoro fu finito, al pubblico sbalordito apparve un immenso ritratto della testa di Daruma, il patriarca del Pensiero Zen.
Questa esibizione arrivò alle orecchie dello shogun, il capo militare che governava il Giappone in nome dell’imperatore. Secondo quanto racconta Edmond de Goncourt nella biografia su Hokusai, lo shogun convocò il pittore a palazzo per vederlo disegnare. Per un po’ l’artista lavorò normalmente con grande soddisfazione del principe. Terminato un disegno srotolò sul pavimento una striscia di carta di riso. Versò sulla carta mezzo barattolo di vernice blu e poi estrasse da un paniere un gallo ammaestrato. Hokusai mise il gallo con le zampe nella vernice e poi lo fece correre avanti e indietro sulla carta. Come per magia, davanti agli occhi dello shogun e della sua Corte, sul foglio apparve il disegno di un fiume solcato dalla rapide.
Dopo questo episodio Hokusai diventò celebre in tutto il Sol Levante. Nonostante tutto, però, la nobiltà feudale non riconobbe mai il suo genio. Poichè nei suoi dipinti raffigurava il “mondo fluttuante” dei mercanti e delle donne di piacere, Hokusai era considerato un artista minore, un pittore adeguato per il popolo rozzo ed ignorante. Lui, che per tutta la sua vita dovette combattere contro l’indifferenza della classe dirigente del suo Paese e contro la povertà, mai avrebbe immaginato che la sua consacrazione tra gl’immortali dell’arte sarebbe arrivata in un altro paese, la Francia, tanto lontano dal suo per mentalità e costumi.
Secondo la tradizione, la scoperta di Hokusai in Occidente si deve all’incisore francese Felix Bracquemond, che nel 1856 trovò un volume illustrato di Hokusai, presso lo stampatore Delatre e, lo convinse a cederglielo. Bracquemond diffuse poi l’opera di Hokusai negli ambienti delle avanguardie artistiche parigine. Il successo fu immediato. I pittori impressionisti apprezzavano l’arte giapponese per il modo con cui concepiva la natura. Hokusai con la sua eccentricità e il suo spirito anticonformista era l’artista che meglio di ogni altro interpretava l’ansia di libertà, che animava gl’impressionisti. “Hokusai non è solo un artista tra i tanti del mondo fluttuante”, scrisse Edgard Degas, “è un’isola, un continente, un mondo a sè”. Proprio Degas s’ispirò alle pagine della “Danza del servo”, realizzata da Hokusai per il terzo volume della serie “schizzi sparsi”, per realizzare quadri magnifici e celeberrimi come “Ballerine agli esercizi”, conservato al Metropolitan Museum di New York.
Tutta questa gloria, però, arrivò troppo tardi. Il maestro si era già spento da più di mezzo secolo, in povertà, quando gli artisti francesi destinati a rivoluzionare la storia dell’arte lo elessero loro ispiratore. Il geniale artista, che negli ultimi anni della sua vita firmava le sue opere “Manji, il vecchio pazzo per la pittura” era scomparso nel 1849, a 89 anni. Non riuscì a raggiungere il traguardo che si era prefissato, il secolo di vita, data nella quale, secondo lui, la sua arte avrebbe raggiunto l’apice.
“Dall’età di sei anni ho la mania di copiare la forma delle cose”, scrisse Hokusai, a 73 anni. “A 50 anni avevo già pubblicato molti disegni. Tra quel che ho raffigurato in questi 70 anni, non c’è nulla degno di considerazione. A 73 anni ho cominciato adintuire l’essenza dellastruttura di animali e uccelli, insetti e pesci, della vita di erbe e piante e, perciò a 86 anni avrà fatto sempre più progressi. A 90 avrà approfondito ancor più il senso recondito della natura ea cent’anni avrà forse raggiunto la dimensione del divino e del meraviglioso. Quando ne avrà 110, anche un punto o una linea saranno dotati di vita propria. Se posso esprimere un desiderio, prego coloro, che godranno di lunga vita di controllare, se quanto dichiaro si rivelerà infondato”. Ebbene, non abbia alcun timore maestro Hokusai, il successo di cui gode, attualmente, la sua espressione artistica offre una risposta, inequivocabilmente, affermativa al suo desiderio di eternità, nostro Caro Vecchio Pazzo, per la Pittura e per la Natura!! Let’s keep in touch…(Teniamoci in contatto). Vostra Elena P.