Fondato nel lontano 1817, il Museo Archeologico Nazionale a Cividale del Friuli ha sede dal 1990 nel cinquecentesco Palazzo dei Provveditori Veneti. La collezione del Museo racconta nelle sale del piano terra la storia della città, dal municipio di età romana fino al periodo della dominazione veneziana.
Le tappe sono scandite dagli splendidi mosaici provenienti dalle domus, dalle lettere scolpite nelle iscrizioni pubbliche e dalle sculture provenienti dalle chiese e dai palazzi della Cividale medievale. Il piano nobile ospita la ricchissima sezione longobarda, una mirabile sequenza di oggetti provenienti dalle necropoli di Cividale e del suo ducato, che racconta il fascino e la particolarità della cultura dei longobardi e tramanda l’importanza del loro contributo nella formazione dell’Italia medievale.
Venne fondato nel 1817 dal Conte Michele della Torre Valsassina, durante l’importante stagione di ricerche avviata grazie ai finanziamenti dell’imperatore austriaco Francesco I. L’obiettivo principale era quello di dimostrare attraverso fonti archeologiche l’attribuzione del municipium di Forum Iulii, citato da numerose fonti antiche, alla città di Cividale del Friuli e non al centro carnico di Zuglio. L’obiettivo fu pienamente raggiunto visti grandi risultati degli scavi del della Torre e la vasta eco che le sue scoperte ebbero nel mondo accademico italiano e germanico.
Il museo, collocato in un ambiente dell’ex Collegio dei Padri Somaschi in Borgo San Pietro, si rivelò ben presto troppo ristretto per ospitare adeguatamente una collezione che continuò ad arricchirsi per tutto il corso del XIX secolo, anche con rinvenimenti di primissimo livello come la scoperta della “tomba di Gisulfo”. Nella seconda metà dell’Ottocento il museo fu diretto da eruditi provenienti dal capitolo di Cividale, tra cui monsignor Jacopo Tomadini, organista e maestro di cappella noto in tutta Europa, che ricoprì l’incarico dal 1877 al 1883. Dalla fine del ‘800 il museo trovò una nuova e più solenne sede nei locali di Palazzo de Nordis, dove, sotto la direzione di Alvise Zorzi venne riorganizzato sulla base di una sistematica attività che portò tra l’altro all’acquisizione dell’importantissima collezione libraria e archivistica proveniente dal Capitolo di Cividale. L’attività dello Zorzi si concretizzo anche nella redazione della prima guida esaustiva alla collezione. All’interno del nuovo museo, ormai statale, venne allestito nelle due sale al pianterreno il Lapidario con i reperti di età romana, longobarda/carolingia e patriarcale. Nella sala I del piano nobile vennero allestiti oggetti di età pre-romana e romana, mentre nella sala II la collezione di età tardo-antica e medievale. Nella sala III venne sistemato l’archivio ex capitolare e i beni provenienti dal monastero delle monache benedettine di santa Maria in Valle; nella sala IV trovò spazio la biblioteca.
Il museo e la sua collezione superarono le dure prove della prima guerra mondiale, quando gli eventi bellici imposero il trasferimento di molte opere a Venezia e Firenze e continuarono un percorso di crescita per tutta la prima metà del XX secolo, scandito da personalità importanti come Ruggero della Torre, Mario Brozzi e Amelio Tagliaferri. Gli anni che vanno dal 1970 al 1977 sono contraddistinti da numerose difficoltà per l’istituzione museale, chiusure prolungate, assenza di una direzione stabile e, su tutte, i danni inferti al palazzo dal sisma del 5 settembre del 1976, che determinò la chiusura del Museo e lo spostamento della collezione nel Castello Miramare di Trieste. Tagliaferri curò il trasloco del Museo dalla vecchia sede di Palazzo De Nordis alla nuova sede nel palazzo dei Provveditori Veneti, restituito all’originale splendore a cura dell’architetto Domenico A. Valentino, soprintentendente per i Beni Ambientali, Archeologici, Artistici e Storici della Regione Friuli-Venezia Giulia dal 1986. Un nuovo e decisivo sviluppo per la storia del museo si ebbe nel 1990 quando venne inaugurata all’interno della nuova sede del palazzo dei Provveditori Veneti, edificio attribuito a Andrea Palladio edificato tra il 1565 e il 1615 e dal 2001 e assegnato alla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia[4], la mostra “I Longobardi” ideata e allestita dal Tagliaferri insieme alla nuova direttrice Paola Loperato, contestualmente ad un ingente lavoro di riorganizzazione delle collezioni e di sistematizzazione dei reperti provenienti dalle recenti ricerche archeologiche, nello specifico le due campagne di scavo, del 1987 e 1988, nella necropoli di Santo Stefano in Pertica, funzionale all’allestimento della mostra “I Longobardi”. Nello stesso periodo venne ordinata la sezione lapidaria, ospitata nelle sale del pian terreno, comprendente reperti epigrafici, architettonici e musivi che narrano l’evoluzione storica della città dall’età romana all’età moderna.
Orario di apertura: il Museo è aperto tutti i giorni ad eccezione dei seguenti giorni di chiusura: 1° gennaio, 1° maggio, 25 dicembre. Il Museo è aperto il lunedì dalle ore 9:00 alle 14:00 e dal martedì alla domenica dalle ore 8:30 alle 19:30. La biglietteria chiude 30 minuti prima dell’orario di chiusura del Museo.
Condizioni d’accesso: l’accesso al Museo Archeologico Nazionale è a pagamento. Il costo del biglietto intero è di 4,00 euro. É prevista la riduzione del biglietto a 2 euro per tutti i giovani dell’Unione Europea con età tra i 18 e 25 anni. L’ingresso gratuito è consentito ai cittadini dell’Unione Europea al di sotto dei 18 anni e alle scolaresche e loro accompagnatori. Sono inoltre previste esenzioni o riduzioni per particolari categorie professionali o giornate ed iniziative definite di volta in volta dal Ministero.
Attraverso una convenzione sottoscritta con il Comune di Cividale e la parrocchia di Santa Maria Assunta è stato istituito un biglietto unico per l’accesso alle tre istituzioni museali inserite nel sito seriale UNESCO “I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.)”.