Arquà Petrarca è un comune della provincia di Padova, ubicato ai piedi del Monte Piccolo e del Monte Ventolone, nei Colli Euganei. Fa parte del Club dei borghi più belli d’Italia.Il paese di Arquà ha origini molto antiche, lo dimostrano i ritrovamenti (dell’ottocento) di una stazione preistorica risalente all’età del bronzo nei dintorni del Lago di Costa, tra Arquà e Monselice.
Successivamente fu abitato dagli Eneti, e poi, nell’epoca Augustea, fu annesso alla X Regio Venetia et Histria: sono molte le testimonianze della dominazione romana, a partire dai toponimi (Bignago deriva da Bennius, Mercurana da Mercurius) e dai reperti archeologici come cippi e corredi funerari, monete imperiali e condutture per lo scarico dell’acqua.
Il borgo sorse probabilmente nel periodo in cui veniva a collocarsi su di una probabile linea difensiva che doveva esistere già in epoca barbarica e che congiungeva la Rocca di Monselice, centro della locale giurisdizione politico amministrativa longobarda, con Valle San Giorgio, Cinto Euganeo e la fascia pianeggiante verso Vicenza, a occidente dei colli.
In epoca medievale fu costruito un castello (castrum) abitato da Rodolfo Normanno, come si attesta in un documento del 985 d.C. Proprio sull’altura fortificata, per questo detta Monte Castello, si sviluppò l’originario villaggio, che si articolava in due nuclei distinti su vari livelli e raccolti attorno alle chiese di S. Maria e della Trinità, ancora ravvisabili nei due Borghi di Sopra e di Sotto. Nel borgo medievale si trovano gli edifici di culto, uno votato a S. Maria e ricordato con l’importante titolo di pieve nel 1026, l’altro della SS. Trinità e attestato nel 1181, entrambi dotati di fonte battesimale. Nel 1213 passò dagli estensi al Comune, in seguito Signoria, di Padova e fu vicaria. Un secolo dopo, nel 1322, nella guerra tra Carraresi e Scaligeri, il castello venne incendiato e distrutto.
In questo periodo, nel 1364, Francesco Petrarca conobbe Arquà, mentre soggiornava ad Abano, sottoponendosi alle cure termali prescrittegli per la scabbia. Pochi anni dopo, nel 1369 ottenne delle terre ad Arquà, dove decise di stabilirsi per trascorrere gli ultimi anni della sua vita, che si concluse nel 1374.
Nel 1405, la dominazione della Repubblica di Venezia subentrò al dominio carrarese e Arquà mantenne intatta la vasta giurisdizione vicariale che racchiudeva numerosi altri centri dell’area euganea come Baone, Galzignano, Montegrotto, Abano sino a giungere a Valbona. In questo periodo la notorietà e la moda petrarchesche spinsero alcune famiglie aristocratiche padovane e veneziane, come i Contarini, i Pisani, i Capodivacca e gli Zabarella a costruire delle sontuose residenze. Dopo il Cinquecento la cescità edilizia del paese rallentò parecchio, preservandone in tal modo il caratteristico aspetto: ancora oggi, infatti, si possono ammirare le nobili dimore gotiche che circondano la piazza di Arquà Bassa, in cui domina l’arcipretale di S. Maria Assunta.
Alla caduta della Repubblica Veneta, nel 1797, il paese perse gradualmente importanza, tuttavia nel 1866, dopo l’annessione del Veneto all’Italia, fu elevato al grado di Comune e nel 1868 poté aggiungere al nome di Arquà quello di Petrarca.
Francesco Petrarca conobbe Arquà nel 1364, quando, per curarsi alle terme dalla scabbia, si era trasferito ad Abano Terme. Nel 1365 il poeta divenne canonico presso la collegiata di Monselice e, quattro anni dopo, Francesco il Vecchio gli cedette un appezzamento di terreno proprio ad Arquà. Dopo aver sovrinteso al restauro della sua futura dimora (un’abitazione modesta ma decorosa), il poeta si stabilì nel paese nel marzo del 1370. Iniziò allora il suo soggiorno nel borgo medievale, che egli stesso definì «Il mio secondo Elicone».
Così viene descritta Arquà al tempo del Petrarca, in un documento conservato nel Museo Civico di Padova: «Vasti boschi di castagni, noci, faggi, frassini, roveri coprivano i pendii di Arquà, ma erano soprattutto la vite, l’olivo e il mandorlo che contribuivano a creare il suggestivo e tipico paesaggio arquatense».
Una vegetazione e una serenità che probabilmente gli hanno evocato la sua terra natìa, la Toscana, e così decise di stabilirsi in una casa dignitosa che si distingueva certamente dalle disadorne casupole dei contadini e degli artigiani, spesso ricoperte di paglia e con il perimetro in muratura o in legno. Poche di esse, invece, presentavano già la caratteristica recinzione in pietra, a tutela dell’intimità e a contenimento dei terrazzamenti, con l’orto, il viridario o brolo, e a fungere da utile cornice. Nel Trecento i pendii attorno al paese erano costellati di vigneti dalle prelibate uve bianche, in prevalenza garganica e schiava, ma anche moscata, palestra e marzemina: l’ottimo vino che se ne ricavava giungeva fino agli osti di Padova.
Monumenti e luoghi d’interesse
Il borgo medievale di Arquà si articola intorno a piazza Roma, dove si affacciano il palazzo Contarini, in seguito Naccari, ora Marolla in stile gotico veneziano del Quattrocento e, di fronte, un palazzo del XIV secolo. Completa lo scorcio la chiesa arcipretale di S. Maria, di poco posteriore all’anno Mille, ampliata e impreziosita da un complesso pittorico dal gusto bizantino fino all’inlusso di Giotto: di particolare interesse è la tela di Palma il Giovane, “L’Ascensione”. Al centro del sagrato sorge l’arca in marmo rosso di Verona contenente le spoglie del Petrarca, eretta nel 1370. Nella strada che conduce a valle, al di sotto del sagrato, è presente una fontana con lavatoi detta “del Petrarca”, la cui costruzione è stata attribuita al poeta stesso, anche se la fattura risulta duecentesca. A fianco vi sono due abitazioni storiche: una gotica e una quattrocentesca, dotata di giardino pensile.
http://it.wikipedia.org/wiki/Arqu%C3%A0_Petrarca