Il termine fotografia deriva del greco phos, ovvero luce, e graphein ovvero scrivere: letteralmente “scrivere con la luce”. Un processo oggi nascosto dietro il semplice gesto di scattare un’istantanea, smartphone alla mano, ma che affonda le radici all’inizio dell’Ottocento per evolversi da strumento scientifico a vero e proprio mezzo di comunicazione e arte.
La fotografia di montagna, in particolare, vede il suo sviluppo parallelamente a quello dell’alpinismo, accompagnando l’uomo nella scoperta di territori inesplorati. Un viaggio che LUMEN ripercorre ai 2.275 m di quota di Plan de Corones, rispolverando cimeli, oggetti rari e una raccolta di documentazioni e scatti d’epoca di grande valore scientifico e culturale.
L’esordio della fotografia risale al 19 agosto 1839, data in cui Dominique François Arago brevettò la prima impressione di un’immagine non riproducibile con la tecnica della dagherrotipia, servendosi di una camera oscura, una lastra di rame e argento. Per quanto riguarda la fotografia di montagna, da quest’invenzione all’uso della macchina fotografica come strumento di documentazione e conoscenza il passo è stato breve: presto la fotografia assume un ruolo fondamentale per geologi, geografi e biologi alla scoperta di terre ancora sconosciute; in seguito, con l’avvio dell’alpinismo diventa anche testimone di imprese epiche, che esaltano la magnificenza della natura. I racconti narrano di spedizioni estremamente complesse e straordinarie con carichi che arrivavano a pesare fino a 250 kg per portare con sé tutta la strumentazione necessaria: dagli apparecchi alle lastre, senza dimenticare prodotti e contenitori chimici utili all’impressione e allo sviluppo dell’immagine.
Al terzo e ultimo piano del LUMEN, punto di partenza ideale per la visita dell’intero spazio espositivo, l’affascinante storia della fotografia di montagna viene fatta rivivere attraverso sezioni tecniche e narrative, imperdibili per gli appassionati dell’obiettivo e alla portata di chiunque. La riproduzione di una camera oscura permette di conoscere una parte di laboratorio dedicato allo sviluppo fotografico in tutte le sue fasi, mentre lo spazio Camera Wall espone i vari modelli di apparecchi che hanno segnato l’evoluzione della fotografia: dalla fotocamera da atelier a quella a soffietto, dalla stereoscopica alle pellicole, dall’instant camera alla moderna macchina digitale. Degna di nota, inoltre, la Wunderkammer, una vera e propria stanza delle meraviglie che racchiude oggetti reali e rari provenienti dal mondo della fotografia di montagna, come strumentazioni, lastre, pellicole, diapositive, CD e supporti di memorizzazione. La sezione Zaino raccoglie inoltre alcuni scatti fotografici e strumenti legati alle spedizioni e ai viaggi: un vero e proprio excursus d’altri tempi che ritrae carovane di uomini salire i monti con l’attrezzatura in spalla, mettendone in luce abbigliamento, tecniche e attrezzi al giorno d’oggi desueti e dimenticati.
Ultimo, ma non per importanza, in questa sezione del museo, lo spazio dedicato al Wall of Fame che omaggia i fotografi alpinisti, pionieri della fotografia di montagna. Personalità come i fratelli Bisson, Joseph Tairraz, Bernhard Johannes, Jules Beck e Vittorio Sella che per primi si sono spinti in alto con l’obiettivo di fotografare i paesaggi montani, dando il loro prezioso contributo anche alla storia, alla geologia e alla scienza.
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