“Il museo dell’Altro e dell’Altrove e’ veramente un posto speciale, perche’ dimostra che i sogni sono possibili e chi lo visita esce sempre un po’ diverso”. Con queste parole Carlo Gori, artista multidisciplinare e mediatore culturale, descrive il potere del Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz-citta’ meticcia (MAAM), nato otto anni fa, da un’idea di Gianni De Finis, all’interno di una fabbrica occupata per fini abitativi nel quartiere di Tor Sapienza, nell’estrema periferia est della capitale.
Un luogo unico al mondo perche’ si tratta del “primo museo abitato – come lo definisce Gori – il primo museo di arte urbana nato in una occupazione abusiva abitata, che ha stimolato gli artisti a farsi carico del diritto all’abitare di queste persone, dalle provenienze geografiche piu’ disparate. Un luogo che ormai ha una seconda pelle, perche’ e’ stato interamente ricoperto di opere di oltre 600 artisti di fama internazionale”. Carlo Gori e’ uno dei principali collaboratori del MAAM, per cui svolge ancora oggi il ruolo di curatore e mediatore culturale, occupandosi di gestire le visite guidate ogni sabato.
Ma oltre agli studiosi o gli appassionati, e’ un luogo frequentato anche dai piu’ giovani? “Sono tantissimi i bambini e i ragazzi che vengono a visitarlo, da soli o in gruppi di scolaresche di ogni ordine e grado – risponde – e sono convinto che sia un’esperienza fondamentale per loro perche’ permette di attivare un lavoro di fantasia capace di aprire le menti. Perche’ e’ un posto che, per pregiudizio, verrebbe visto come il peggiore del mondo, abitato da persone in illegalita’, da cui stare alla larga. Invece, grazie all’incontro prodotto dall’arte come mezzo di relazione, si scopre che e’ vissuto da persone che si rimboccano le maniche, che si relazionano apertamente con gli altri, che lasciano entrare i visitatori nelle loro case proprio per mostrare che non hanno niente da nascondere”.
Proprio questa concezione dell’arte come possibilita’ di favorire l’incontro con l’altro e’ cio’ che ha animato il percorso artistico di Carlo Gori, che fin dal 2002 ha scelto Tor Sapienza come suo quartiere d’adozione. “Col progetto ‘Tor Sapienza-quartiere d’arte’ ci siamo dati l’obiettivo di sviluppare un legame di comunita’ nel quartiere attraverso l’arte e la cultura – racconta Gori – non l’arte astratta che se ne sta nelle gallerie, ma l’arte che passa il suo tempo per la strada, in tutti i contesti del quartiere: dalla scuola al centro
anziani, dal centro sportivo fino ai balconi delle case. Da subito abbiamo sviluppato delle relazioni forti con le scuole. Ad esempio abbiamo realizzato una grande scultura con materiali metallici di riciclo, procurati dagli stessi alunni, con l’obiettivo di lavorare sulla creativita’ come strumento per risolvere i problemi. Abbiamo pensato che il metodo di lavoro degli artisti potesse diventare anche il metodo di lavoro per fare comunita’, per la creazione di un’identita’ individuale e collettiva”. Quindi l’arte non e’ intesa come un prodotto che si guarda, ma qualcosa da vivere, un processo capace di creare comunita’ e di valorizzare un territorio in cui, ricorda Gori, si registra un tasso preoccupante di dispersione scolastica. “Di solito si dice che prima bisogna mangiare e poi magari si legge un libro – conclude – ma se si riesce a fare entrambe le cose insieme si cresce meglio, con piu’ fantasia, e quindi piu’ felici”.