La Scuola del Santissimo venne eretta nel 1515 tra il battistero di San Giovanni e il campanile del Duomo. La piccola casa, voluta dalla Confraternita del Santissimo Sacramento, era la residenza della Scuola stessa; la confraternita nei primissimi anni del Cinquecento aveva già fatto costruire la Cappella del Santissimo Sacramento, a sinistra dell’abside maggiore del Duomo.
L’edificio, oggi privo della parte posteriore che conteneva la sala grande, demolita nel 1935, ha al piano terra la porta d’ingresso di piccole dimensioni e una finestra, al piano primo due finestre rettangolari protette da robuste inferriate sporgenti e collegate tra loro da un tettuccio displuviato in pietra, che proteggeva la parte principale del prezioso affresco di Tiziano; il piano superiore è accessibile da una scala laterale esterna. Al centro della facciata, tra le due finestre del primo piano, l’ancor giovane Tiziano dipinse un Cristo Risorto. Purtroppo oggi restano poche tracce, ma si intravedono il torso, le gambe e il braccio destro. Si può leggere il costato, il perizoma bianco con un piccolo panneggio leggermente svolazzante verso destra e tracce dell’azzurro chiaro del cielo. Eruditi trevigiani, soprattutto dell’Ottocento, ci lasciano alcune testimonianze scritte a cui si aggiunge uno schizzo fatto a penna, pur molto sommario, di Giovan Battista Cavalcaselle – conservato in Biblioteca Marciana a Venezia- che abbozza la figura e la composizione.
Il Cristo Risorto, in piedi forse sul coperchio della sua tomba, doveva apparire come una figura monumentale, presentato in atteggiamento di “eroica maestà”, trionfante sulla morte. La sua mano sinistra reggeva l’asta con il vessillo crociato, mentre il braccio destro è alzato in segno di benedizione.
L’affresco si completa con altri elementi: in basso, entro tre o forse più probabilmente quattro riquadri, dovevano essere dipinti i Profeti. Si riesce a percepire a destra la figura di un vecchio barbuto che regge un cartiglio, la barba bianca e il mantello rosso che scende sulla veste verde, con il capo avvolto in un turbante; poche lievi tracce a sinistra invece suggeriscono una figura curva. Restano ancora parzialmente visibili, sotto i davanzali delle finestre, i raffinati fregi di carattere fitomorfo con coppie di delfini affrontati che si susseguono e nel punto d’incontro si apre un cespo con racemi fogliacei e fiori. Queste fasce ornamentali, che erano originariamente dipinte in azzurro e oro, oggi purtroppo giungono frammentarie e rovinate, perdendo completamente la loro intensità cromatica.
Stato di conservazione e interventi
In generale lo stato di conservazione della facciata è mediocre: in particolare, oltre al deposito superficiale, l’erosione e la patina biologica che sono diffusi su tutte le superfici, si nota lo stato preoccupante degli intonaci, a partire da quelli affrescati che sono quasi oramai cancellati e manifestano evidenti fenomeni di distacco.
L’intervento di restauro conservativo prenderà le mosse da una completa campagna diagnostica, volta a conoscere i materiali originari, i fenomeni di degrado ma anche le caratteristiche degli interventi di restauro precedenti, ultimo quello della famosa restauratrice Pinin Brambilla nel 1991.
Le operazioni di restauro, che verranno condotte sotto l’alta supervisione scientifica della competente Soprintendenza e sempre precedute da attente campionature, saranno rivolte alla massima conservazione della materia originale, in parte compromessa da maldestri interventi, svolti principalmente nel secondo dopoguerra.
Dopo puntuali opere di preconsolidamento si procederà con un’accurata pulitura delle superfici sia degli intonaci affrescati che degli elementi lapidei; tutte le integrazioni di malte non compatibili saranno rimosse e sostituite da nuove realizzate con impasti simili agli originali; gli intonaci esistenti saranno accuratamente consolidati per contrastare gli evidenti fenomeni di distacco.
Gli affreschi, in funzione anche del risultato della pulitura, verranno integrati cromaticamente per ridare integrità visiva, laddove possibile, ai volumi generali delle raffigurazioni. Infine tutte le superfici verranno opportunamente trattate con un protettivo per rallentare un futuro degrado.
Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore, 1488/1490 – Venezia, 27 agosto 1576)
Tiziano, uno dei più grandi artisti veneziani del sedicesimo secolo e uno dei più famosi artisti del Rinascimento italiano, venne chiamato ancor giovane, nel 1517, dai confratelli della Scuola del Santissimo di Treviso, per dipingere il Cristo Risorto sulla facciata della loro nuova casa. Come pittore di affreschi arrivava dall’esperienza di Padova della scuola del Santo (1511), qualche anno prima era stato al fianco di Giorgione per dipingere la facciata del Fondaco dei Tedeschi a Venezia e assieme a lui portare lo stile grandioso e monumentale sulle facciate dipinte. Nella primavera del 1517 è impegnato a Treviso per dipingere il Cristo del Santissimo, è questo per il maestro un momento particolarmente importante per la sua formazione artistica. Gli era stata da poco commissionata l’Assunta per la Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia, opera che segnò il punto di avvio dell’irrefrenabile successo del grande pittore. In questo contesto l’affresco trevigiano si pone di fondamentale importanza, proprio perché tassello del percorso evolutivo che porterà l’artista cadorino all’apice della popolarità e ad una brillante carriera internazionale.
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