Figlio di un tesoriere del comune di Monterey e di un’insegnante elementare di origine irlandese, John Ernst Steinbeck nacque a Salinas, California, il 27 febbraio 1902. Dopo un’infanzia vissuta a contatto con la natura, frequentò la Salinas High School, dove ebbe modo di rivelare la sua vena di scrittore, collaborando al giornale della scuola. Diplomatosi nel 1919, prima d’iscriversi all’università di Stanford per frequentarvi i corsi di biologia, lavorò per un anno come aiuto chimico presso uno zuccherificio. Durante gli studi universitari scrisse novelle e poemi satirici per alcuni periodici locali: nel 1925 lasciò l’università senza aver dato esami.
Dopo tale movimentata e incompleta educazione scolastica, esercitò i mestieri più umili e disparati: visse per qualche tempo di pesca sulle rive della Monterey Bay, lavorò in una pescheria e a Madison Square Garden come sterratore; ebbe modo così di avvicinare i poveri, di capirne profondamente le esigenze e i problemi, e di trarne spunti per gli ambienti e i personaggi dei suoi futuri romanzi.
Nel 1926 partì per New York, dove fece, tra l’altro, il giornalista. Ma non ebbe fortuna; tornò in California e, dopo un breve periodo passato nella Sierra Nevada fra la stesura del suo primo romanzo, “Cup of Gold” (La Santa Rossa), e la professione di amministratore, si stabilì a Pacific Grove; qui conobbe il biologo Edward Ricketts, la cui amicizia ebbe notevole influsso sulla sua personalità: a lui s’ispirò infatti per i personaggi di alcuni notissimi romanzi, quali “Cannery Row” (Vicolo Cannery) nel 1945 e “Sweet Thursday” (Quel fantastico Giovedì) nel 1954.
In essi la vicenda è incentrata sulla figura dello studioso di scienza, rappresentato come un uomo sensibile e vivo, che il sapere non ha ripiegato aridamente su se stesso, ma ha dischiuso ai problemi esistenziali. La vita di Steinbeck a Pacific Grove coincide con l’inizio di quella feconda e fortunata produzione letteraria, che lo avrebbe condotto al successo, dopo lunghi anni di oscurità.
Il primo riconoscimento di pubblico e di critica raggiunse lo scrittore nel 1935, quando leditore newyorkese Pascal Covici gli pubblicò il suo quarto romanzo:”Tortilla Flat” (Pina della Tortilla). Rifiutato precedentemente da altre case editrici, divenne un successo internazionale degli anni Trenta. Seguirono, nel ’37, il celebre “Of Mice and Men”(Uomini e Topi), lo stesso autore ne curò la riduzione teatrale, e, nel ’39, “The Grapes of Wrath” (Furore) per il quale Steinbeck conseguì il premio Pulitzer: dal soggetto del libro fu tratto un film l’anno successivo.
Durante l’ultimo conflitto mondiale fu in Europa e in Africa, corrispondente di guerra per il “New Herald Tribune”: a quell’epoca, 1942, risale”The Moon is down (La luna è tramontata), un romanzo ispirato alla Resistenza norvegese, l’unico dedicato da Stainbeck alla guerra; anche da quest’opera l’autore trasse un dramma di livello eccelso.
Tornato in America, alternò la sua attività di scrittore pubblicando ancora numerosi romanzi, con una serie di lunghi viaggi nei paesi più lontani (fu anche in Italia e in Russia), durante i quali ebbe modo di raccogliere materiale per opere di narrativa, reportages, libri di viaggi. A questo genere appartiene il suo ultimo lavoro “Travels with Charlie: in search of America”, del 1962.
In esso Steinbeck ha descritto con semplicità persone, cose, animali incontrati nel corso di un viaggio in compagnia del suo barboncino Charlie, alla riscoperta degli Stati Uniti degli anni Sessanta. Nel 1962 gli fu conferito il premio Nobel per la letteratura. Colpito da un attacco cardiaco, si è spento a New York il 20 dicembre del 1968: aveva sessantasei. Sposato tre volte, ha lasciato due figli nati dal secondo matrimonio.
Dopo il suo primo romanzo “La Santa Rossa” del 1929, d’ispirazione romantica, Steinbeck pubblicò nel ’32 una serie di racconti, “The Pastures of Heaven” (I pascoli del cielo), ambientati nella comunità agricola di una valle californiana: in essi e nel romanzo dell’anno successivo, “To a God unknown” (Al Dio sconosciuto), si rivela la devozione dell’autore alla terra natale e alla campagna, il suo interesse per la gente umile che vi abita e per i problemi ad essa legati.
Ma il pensiero dello scrittore si manifesta più compiutamente nella prima opera di successo, “Pian della Tortilla”: nella vivace e lineare rappresentazione di un gruppo di “paisanos” di Monterey, trasognati e divertenti perdigiorno ai margini della società e, n egli episodi di vita vissuta trasferiti su un piano fantastico e leggendario, si scopre a un tempo l’umorista arguto, in grado di cogliere il lato comico di ogni situazione e lo scrittore polemico, preoccupato dei problemi sociali.
Affiorarono apertamente in queste pagine e nel romanzo successivo “In Dubious Battle” (“La battaglia”), 1936, i due sostanziali motivi della narrativa di Steinbeck: da un lato, una vena sottilmente umoristica, che sembra ereditata da un tradizionale mondo espressivo picaresco e fantasioso, adattato al particolare ambiente della California (Come in Vicolo Cannery e in Quel fantastico giovedì); dall’altro una vena di realismo aspro, socialmente risentito, culminante nella descrizione della lotta senza quartiere tra ricchi e poveri.
Quest’ultimo è il tema dominante dei romanzi e racconti migliori, nei quali la rappresentazione della miseria, dello squallore, della ribellione e della solitudine umana è pervasa da una sorta di lirismo quasi furioso e da una forza drammatica così potente, che trasforma il tessuto narrativo in vera e propria denuncia sociale.
E’il caso di “Uomini e topi” e “Furore”. Nel primo la figura di due diseredati, l’homo brutus e l’homo sapiens, complementari l’uno dell’altro, è pretesto per un quadro fedele degli ambienti agricoli dell’Ovest, della vita dei braccianti eternamente condannati a vivere privi di una casa e di una terra. “Gente come noi, che lavora nei ranches, è la gente più abbandonata del mondo. Non hanno famiglia. Non sono di nessun paese…”: questa la desolata constatazione di uno dei personaggi protagonisti.
Le leggi economiche e sociali, gli uomini e la natura stessa sembrano accanirsi con furore quasi selvaggio contro gli eroi di Steinbeck, che si vedono cacciati a viba forza del paese d’origine e banditi dalla società. Come accade in “Furore”, il romanzo definito molto propriamente “epopea dei poveri”, dove si descrive il lungo disperato cammino di una famiglia dell’Oklahoma che, privata della propria terra, viaggia senza sosta in cerca di lavoro e di un luogo ospitale dove poter vivere. Sulla denuncia delle misere condizioni umane si sovrappone in queste pagine una componente epica: la lotta dell’uomo contro i suoi simili e contro gli elementi naturali.
Steinbeck ha ripreso i suoi temi preferiti in due romanzi brevi del 1947: “The wayward bus” (La corriera stravagante) e The Pearl (La Perla), nei quali propone un giudizio morale e sociale del suo tempo; ma l’opera migliore e la più ambiziosa, dopo “Furore”, è East of Eden (La Valle dell’Eden) del 1952: una lunga saga di due famiglie americane in California dal 1860 alla prima guerra mondiale. Il libro, che ebbe grande popolarità anche per il film omonimo di Elia Kazan interpretato da James Dean, fu definito dalla critica un a “strana e originale opera d’arte”, nella quale una vicenda di prostituzione si è trasformata in una “fantasia di storia e di mito”. Poesia, realismo e humour sono di volta in volta i toni dominanti della narrazione, dove, come disse lo stesso autore, “ci sono dolore ed eccitazione, sentimenti buoni o cattivi e pensieri cattivi e pensieri buoni, il piacere di disegnare e un po’di disperazione e l’indescrivibile gioia della creazione”.
Dopo “The short Reign of Pippin IV” (Il breve regno di Pipino IV), 1957, una satira divertente della politica francese, Steinbeck ha pubblicato nel 1961 l’ultimo lavoro, “The winter of our discontent”(L’inverno del nostro scontento), dove rivela con tutta la forza del suo stile realistico il conflitto dell’animo umano tra coerenza ai principi morali e smodato desiderio di successo.
Il libro è una denuncia spietata dal capovolgimento dei valori, dell’ipocrisia, della crudeltà e dell’apatia morale che caratterizzano la moderna civiltà del benessere. Ancora una volta lo scrittore è tornato ai temi sociali prediletti, mutando però il punto di partenza: non più la massa con le sue vicende e le sue lotte, ma l’individuo-personaggio, nella cui storia è riflessa la storia stessa della società. Vostra Elena P.