La Fondazione Benetton Studi Ricerche propone un nuovo appuntamento online dedicato ai temi della ludicità, settore di ricerca, edizione e divulgazione della Fondazione sin dall’inizio degli anni novanta, indagato nelle sue svariate dimensioni e manifestazioni storiche, sociali, antropologiche.
Martedì 6 aprile alle ore 18, sulla piattaforma Zoom, si parlerà di Rinascimento ludico. Il gioco nella danza e nella letteratura dell’Italia della prima modernità. Insieme a Gherardo Ortalli, responsabile scientifico di questo settore di attività della Fondazione Benetton e direttore della rivista «Ludica. Annali di storia e civiltà del gioco», ne discuteranno Alessandro Arcangeli, Università degli Studi di Verona, e Paolo Procaccioli, Università degli Studi della Tuscia. Introduce Patrizia Boschiero, responsabile edizioni della Fondazione Benetton.
Il gioco non è prerogativa di questa o quella stagione o di questa o quella cultura, e anzi, sia come pratica individuale che come rito collettivo, segna ogni epoca e ogni società. A cambiare, e a volte radicalmente, sono però il ruolo che gli viene riconosciuto e lo spazio che gli viene concesso. Nell’Italia del Rinascimento, quella delle signorie e delle grandi corti ma anche quella delle inquietudini religiose e della Controriforma, il ruolo e lo spazio del gioco, sono indiscussi, e ne confermano la centralità in chiave sociale e culturale.
La danza vi si presenta come il divertimento per eccellenza, declinato a suo modo a seconda dei contesti, ma comunque opportunità primaria di sociabilità ludica e a volte strumento di giochi specifici, come quelli che vi si intrecciano nelle feste popolari. Le élites la prendono come intrattenimento pressoché quotidiano, d’obbligo la sera – come testimoniano anche le rappresentazioni letterarie, una volta che si sia finito di raccontarsi le novelle del Decameron o di partecipare alle conversazioni del Libro del Cortegiano (dove, l’ultima giornata, per il ritardo nell’arrivo nelle stanze della Duchessa dell’oratore principale in programma, i convenuti avevano cominciato – ed erano pronti – a impegnare in musica e danza l’intera serata). Ovunque, poi, è anche occasione giocosa ma non troppo di corteggiamento.
La parola letteraria da parte sua si trova ad assolvere al doppio ruolo di materia del gioco e di strumento della sua definizione e documentazione. In quelle vesti la troviamo esibita nei libri-gioco e nei giochi di società che hanno come oggetto la materia letteraria, così come la vediamo celebrare giochi, esaltare le gesta dei giocatori e conservarne la memoria. Per quanto riguarda gli autori, oltre che al Boccaccio e al Castiglione si pensi al Berni del Capitolo del gioco della primiera, che alla parodia del gioco delle carte unisce quella più sofisticata dell’esegesi; all’Aretino del Dialogo del giuoco, in cui a parlare e a illustrare la pervasività del gioco sono le carte stesse; al Bargagli del Dialogo de’ giochi che nelle vegghie sanesi si usano di fare e all’Innocenzo Ringhieri dei Cento giuochi liberali e d’ingegno, che esemplificano adeguatamente quella ludicità letteraria sulla quale Tasso si intrattiene nei due dialoghi Il Gonzaga e Il Romeo. Per non dire del Tomaso Garzoni della Piazza universale di tutte le professioni del mondo, dove il lettore di fine Cinquecento trovava due discorsi, il XLV e il LXIX, che trattavano “De’ saltatori e ballarini e di tutte le sorti di tripudianti e de’ cursori” e “De’ giocatori in universale e in particolare”.
Oggi interrogarsi su questi argomenti non vuol dire solo recuperare, con gli autori e con le loro opere, un momento significativo nella storia della ludicità, ma anche fare luce su una stagione, quella iniziale della modernità, nella quale a ragione continuiamo a vedere uno dei momenti più alti della nostra storia e della nostra tradizione culturale.
Piattaforma Zoom. Iscrizione attraverso l’apposito link pubblicato nei canali social e nel sito della Fondazione, www.fbsr.it
Per informazioni: Ludica@fbsr.it