Segni particolari: uno strumento educativo indispensabile per la crescita individuale e collettiva della persona. Comunque lo si declini, alimentato da talento e passione, è anche formidabile maestro di vita. Capace di favorire la conoscenza di sé, la relazione con gli altri, il rispetto di principi e di regole.
Passione, quindi, unita a socialità, etica e tanta autodisciplina. Ecco la carta d’identità dello sport, emersa dall’incontro “Educazione e Sport”, svoltosi mercoledì 30 giugno a Sernaglia della Battaglia, con il contributo di relatori di eccezione, ex atleti, attuali allenatori, commentatori o dirigenti sportivi: Giovanni Ellena, Mario De Benedictis, Vittorio Munari ed Ezio Glerean. Dotata di numerose strutture attrezzate per varie discipline sportive e di tante realtà associative, professionistiche e dilettantesche consolidate, dall’atletica leggera al calcio, alla pallavolo, Sernaglia conferma la propria attenzione e vocazione verso uno degli ambiti elettivi per l’affermazione dei ragazzi. “Come territorio, come amministrazione cerchiamo di offrire mezzi, strutture e opportunità ai giovani e, non solo, per la pratica di una disciplina sportiva– sottolinea il sindaco Mirco Villanova- consapevoli che lo sport possa trasmettere valori autentici di solidarietà e di convivenza civile, spendibili anche nella vita di tutti i giorni”.
Nel sottotitolo della conferenza “Educare attraverso lo sport ed educare allo sport”, terzo incontro della serie “Sernaglia Cultura” dopo quelli dedicati all’atletica con Sandro Donati e Alex Schwazer nel 2018, si evidenziano due assi portanti del concetto di sport, ribaditi a gran voce nel corso della serata, moderata dalla giornalista Tina Ruggeri. Lo sport forma la personalità, forgia il carattere e insegna a trovare un ruolo nel mondo. Questa la sua preziosa dimensione pedagogica ed educativa, di cui i nodi cruciali sono modelli, cultura, esempi, comportamenti, da potenziare, fin dalla famiglia come fondamenta di qualsiasi esperienza sportiva.
Integrità per lo sport ma anche spazio sociale nel secondo asse portante. Spazio di espressione, in cui lealtà e rispetto devono procedere a braccetto, seguendo un approccio di piena reciprocità e valorizzazione delle diversità, in cui inclusione, collaborazione, confronto nella complementarietà dei singoli talenti devono contare quanto i risultati, in un’ottica di agonismo sano ed equilibrato. Senza dimenticare il senso del sacrificio, l’accettazione della sconfitta, la capacità di rialzarsi e di misurarsi, onestamente, con i propri limiti, dove l’avverbio “onestamente” diventa imprescindibile modus essendi non solo operandi, insieme al rispetto.
“Lo sport ha in sé due parole latine dal significato ben preciso, agon, cioè competizione e ludus, ovvero gioco, inscindibili nella sua natura e nella sua interpretazione – sottolinea nell’introduzione alla serata, Ezio Michele Pederiva, bibliotecario di Sernaglia e coordinatore dell’evento- Che sia professionistico, che sia dilettantistico, che sia amatoriale che sia giovanile o non giovanile, c’è un modo assolutamente sbagliato di interpretare lo sport ed è quello riassumibile e compendiabile nella formula del risultato a ogni costo, perseguibile con ogni mezzo, lecito o illecito. Un modo profondamente diseducativo perché toglie dignità all’essere sportivi, ma toglie dignità soprattutto alla vita”.
Ergo l’attività sportiva va scelta, amata e praticata come baluardo elettivo di uno stile di esistenza, di educazione e di etica, che inneggino a un Umanesimo integrale della Persona e ne promuovano la piena esplicitazione. “Lo sport è a servizio della vita, della migliore qualità della vita possibile. Esistono in tutti gli ambiti, specie tra i professionisti, fatica, sofferenza fisica, sopportazione, pressione, ma tutto ciò deve avere un senso, un significato che nasca dalla coscienza e dalla presenza a sé stessi e di sé stessi, a partire dai propri limiti- spiega Mario De Benedictis, insegnante elementare, allenatore di atletica leggera, già atleta olimpico della marcia, fondo e mezzofondo- quindi occorre evitare, anche dentro il mondo professionistico, che la rincorsa ai risultati, a ogni costo, sia esasperante ed esasperata. Si deve avere consapevolezza dei propri limiti, superarli, umanamente, sempre in una logica di rispetto profondo per sé stessi e per gli altri, senza alimentare falsi miti o creare l’epica del dolore e della fatica fine a sé stessa, priva di un obiettivo definito e di una coscienza delle proprie potenzialità”.
Lo sport a servizio della vita comune, dello sviluppo di una comunità civile in salute, in cui i gesti e le azioni sportive insegnino a diventare cittadini responsabili, rispettosi e attenti alle esigenze altrui. Questo deriva da uno spirito di squadra, capace di andare oltre le istanze dell’io più individualista e di puntare sul noi, per una condivisione ed evoluzione del gruppo perfettamente bilanciate. “Buone pratiche sportive fanno buoni cittadini- afferma Vittorio Munari, ex rugbista della Benetton Rugby, allenatore e telecronista sportivo- e buoni cittadini fanno persone perbene, perché una disciplina sportiva ha bisogno di tanta testa e poi delle dotazioni fisiche. Lo sport deve tornare a essere un’effettiva scuola di vita, non solo enunciatore, ma portatore di valori concreti per la realizzazione di persone, in grado di cooperare e di costruire insieme la società civile”.
Centrale e insostituibile il ruolo dell’allenatore che diventa anche psicologo, insegnante e motivatore. “Molti ragazzi arrivati all’adolescenza tendono a perdere interesse, subissati dalle pretese delle famiglie e, a lasciare il cammino sportivo intrapreso- spiega Ezio Glerean, ex calciatore di serie B, poi allenatore di calcio del Venezia, del Cittadella, del Marostica- qui entriamo in gioco noi coach, la nostra autorevolezza, la nostra vicinanza e la nostra capacità di far provare ai ragazzi, ogni giorno, emozioni nuove, che li facciano divertire, appassionare, fidelizzare al gioco oltre che alla disciplina, aprire il cuore, vincere timori e inadeguatezze, cercando di rieducarli al gusto dello stare insieme con semplicità, con spensieratezza, come si faceva un tempo nei campetti dell’Oratorio e riportando l’invadenza dei genitori nei binari di un maggior rispetto e considerazione per i desideri e le caratteristiche dei loro ragazzi”.
Note dolenti e stridenti, il denaro che trasforma spesso lo sport in un brand, in un veicolo di marketing selvaggio e il doping, che ne snatura l’essenza e la nobiltà, declamata fin dagli antichi Greci. “Da sempre sul banco degli imputati, il ciclismo ha operato dagli Anni Duemila un’autentica rivoluzione nei confronti delle sostanze dopanti- precisa Giovanni Ellena, direttore sportivo di squadre ciclistiche professionistiche in categorie internazionali- oggi i ciclisti sono tenuti al passaporto biologico, sono controllati scrupolosamente ed è proprio cambiata la mentalità verso il doping. Al minimo sospetto, dopo gli opportuni controlli, scatta l’esclusione, senza se e senza ma. Corruzione, compromessi e prestazioni alterate non sono più tollerate. Non tutto è sanato, ma il messaggio è chiaro. Il doping uccide lo sport e offende la vita”.
La conferenza “Educazione e Sport” è stata organizzata, coordinata e realizzata dall’Amministrazione del Comune di Sernaglia, in collaborazione con la Biblioteca Civica “Giacomo Pillonetto”, con Fabrizio Pillonetto, con l’Atletica Sernaglia e con il Fotoclub Sernaglia,
Elena Pilato