Esce per Rubbettino “Una posizione sociale” di Giose Rimanelli, romanzo molto atteso, pubblicato per la prima volta nel 1959. Meno noto del celebre “Tiro al piccione” (ripubblicato sempre da Rubbettino nel 2022), “Una posizione sociale” si colloca al vertice della produzione letteraria di Rimanelli.
Confinato nel microcosmo molisano di Casacalenda, il giovane protagonista Massimo Niro cerca di «dare un senso alle voci dell’infanzia» attraverso una scrittura fatta di flashback, monologhi interiori, cantilene, testi di musica jazz improvvisati dal nonno (ombrellaio girovago) in ricordo dei tempi americani, quando era stato testimone dell’eccidio di New Orleans. Nel romanzo si staglia un teatro di passioni terragne dove scorrono personaggi eccentrici e vicende peccaminose, forestieri enigmatici e padri inadeguati. Dove è costante la febbrile ricerca di un ruolo e di una dimensione dello stare al mondo. Anche se poi, «quando si è raggiunta la coscienza di ciò che si è, quindi il terrore della completa vuotaggine, del non-senso, anche la posizione sociale – difesa o ambita – si sfascia ai nostri occhi».
È un romanzo ricco e variegato, quello che Giose Rimanelli costruisce con “Una posizione sociale”, ricorrendo a tecniche narrative che il critico Arnaldo Colasanti, nel saggio che chiude il libro non esita a accostare a quel flusso di coscienza che tanta parte ha avuto nella letteratura europea della prima metà del Novecento.
«”Una posizione sociale” – annota Colasanti – è un racconto distorto ma sempre sottilmente sfilettato e tragico; ci appare un libro ribelle, onirico, violentemente tenero, un’immaginazione narrativa imprigionata al sentimento di estraneità dell’Io rispetto al reale».
“Una posizione sociale” è un romanzo modernissimo che riesce persino ad anticipare quell’ibridazione tra forme d’arte che caratterizzerà invece gli ultimi decenni.
Per Anna Maria Milone, studiosa dell’opera di Rimanelli, e prefatrice del volume è un «romanzo è fatto di scrittura e musica, così lo ha pensato l’Autore, così ci viene proposto. Siamo di fronte ad un’anticipazione di qualcosa che in Italia si è consolidato solo negli anni Ottanta: l’idea feconda che i linguaggi e le espressioni artistiche devono contaminarsi, accostarsi, essere considerati insieme, per far sì che la letteratura sia un’esperienza di uno spaccato di vita che pulsa».
Una riproposta quella di Rubbettino quanto mai necessaria e che fa seguito alla fortunata riedizione di “Tiro al piccione”. L’opera di Rimanelli è infatti avvolta da una serie di nebbie e fantasmi che stentano a dileguarsi e che se da un lato contribuiscono ad aumentare il fascino dello scrittore dall’altro lo hanno condannato a una forma di oblio frutto del preconcetto e dello scarso coraggio di critici che hanno ritenuto più conveniente non distaccarsi troppo dal mainstream.
Rimanelli fu invece uno spirito libero e inquieto, difficile da collocare e incasellare.
Forse proprio per questo la sua voce suona oggi, dopo la caduta di certi steccati, ancora più attuale.
Giose Rimanelli è stato il più irregolare, ramingo, solitario e geniale autore vissuto tra le due sponde dell’Atlantico. Benché la sua notorietà sia legata soprattutto al romanzo d’esordio “Tiro al piccione” (1953, ora Rubbettino 2022) sulla guerra civile in Italia vissuta da giovanissimo nelle file dei “repubblichini”, la sua produzione è vastissima. Per più di sessant’anni scrive, alternando l’italiano all’inglese, romanzi, poesie, saggi critici, articoli, sceneggiature. Il suo dialogo costante con gli intellettuali europei e americani lo rende figura unica della letteratura contemporanea. Tra i suoi romanzi ricordiamo “Peccato originale” (1954) e “Biglietto di Terza” (1958). “Una posizione sociale” (1959 – Rubbettino 2023) uscì lo stesso anno dello “scandaloso” saggio-pamphlet “Il mestiere del furbo” (firmato con lo pseudonimo A.G. Solari) per il quale fu inviso all’establishment letterario dell’epoca.