Un omaggio sincero, sentito e necessario a Enzo Demattè (1927-2014), uno dei più attenti intellettuali del secolo scorso che seppe intercettare e fare sua la secolare cultura delle Dolomiti bellunesi. La mostra Finestre in Val del Biois. Enzo Demattè. Note, racconti, poesia, a cura di Francesca e Donata Demattè, verrà presentata venerdì 7 luglio alle ore 17.30 presso la Casa delle Regole di Canale d’Agordo (Belluno) e resterà aperta dall’8 luglio fino al 10 settembre (tutti i giorni 10.30 – 12.30 e 16.30 – 18.30).
Realizzata grazie alla famiglia di Enzo Demattè, in particolare le sorelle Francesca e Donata Demattè, l’esposizione è promossa dalla Fondazione Papa Luciani Giovanni Paolo I di Canale d’Agordo e dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche di Treviso, con il contributo della Regione del Veneto e Bim – Comuni del Piave, il patrocinio dei comuni di Canale d’Agordo, Falcade e Vallada Agordina e la collaborazione delle Pro Loco di Canale d’Agordo, Caviola, Vallada Agordina, il Consorzio Pro Loco Agordino e Promo Falcade.
L’inaugurazione pubblica si aprirà con i saluti del sindaco di Canale d’Agordo, Massimo Murer, e dei rappresentanti istituzionali delle Biblioteche della Val del Biois, proseguirà con gli interventi di Loris Serafini, direttore del Musal-Museo Albino Luciani (www.musal.it) di Canale d’Agordo; di Luigi Latini, direttore della Fondazione Benetton Studi Ricerche; e delle curatrici della mostra. Prevede un momento musicale con Francesca Gallo, canto e fisarmonica.
Enzo Demattè, scrittore, saggista e poeta, fu molto legato alla Valle del Biois, a «questa piccola valle laterale del torrente Cordevole, che è parte dell’Agordino, cuore geografico delle Dolomiti, oggi patrimonio Unesco», come sottolinea Loris Serafini. La mostra intende ricordare lo stretto legame tra questi luoghi e lo scrittore e si inserisce nell’annuale programma di appuntamenti estivi dedicato al beato papa Giovanni Paolo I. Un programma molto ricco con ospiti di prestigio come, tra gli altri, il giornalista Antonio Preziosi; Mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, vescovo titolare di Emmaus; il giornalista e direttore del Dicastero della Comunicazione Vaticana Andrea Tornielli; Diego Di Franco, autore de Il meraviglioso mondo dei papà, e Anna Porchetti, autrice del libro sul matrimonio Amatevi finché morte non vi separi.
Grazie al suo amore per il territorio e all’amicizia con artisti locali molto importanti come Dante Moro (Murer), Giordano De Valiere, Giuliano De Rocco e Dunio Piccolin, Enzo Demattè seppe cogliere le peculiarità artistiche, storiche e sociali di questo territorio per farle poi rivivere con maestria nei suoi romanzi come La Valle coi santi alle finestre (pubblicato nel 1958) e Gente di confine (del 1972), ma non solo. Sono molti, infatti, gli scritti di Demattè in cui emerge il suo legame con la Valle del Biois e il suo territorio, come i commenti all’opera di Dante Moro, di Giuliano De Rocco, di Dunio Piccolin, la vicenda del Leone dei Gat, il Quaderno di Bortolo, i colmiéi di Canale d’Agordo, per finire con le stupende Trei Orathion nel dialetto ladino-veneto di Canale d’Agordo.
Nelle opere di Demattè, conclude Serafini – spiccano gli “elementi che dipingono una tavolozza completa di quella che è stata e potrebbe ancora essere la civiltà dolomitica di questa straordinaria Valle, che ha dato al mondo decine di personalità nel mondo dell’arte, della letteratura, della fede”.
La documentazione sulla relazione fra Enzo Demattè e la Valle del Biois, fonte per l’allestimento della mostra, è custodita nell’archivio della Fondazione Benetton Studi Ricerche. Le opere di scultura di Dante Moro provengono dalla collezione privata degli eredi di Enzo Demattè, gli oggetti relativi alla storia materiale della Valle del Biois sono stati messi a disposizione da Rizieri (Lucio) Luciani e alcune foto di antichi tabiai da Bepi Della Zassa.
«L’idea di una mostra dedicata a un luogo, la valle del Biois, al racconto che accompagna la sua evoluzione nello spazio e nel tempo, non poteva che riscuotere un immediato interesse da parte di una fondazione che ha scelto il paesaggio come il tema fondativo delle sue attività di ricerca e come chiave di accesso al territorio di appartenenza» spiega Luigi Latini. «La scelta di raccontarne luoghi e culture attraverso gli occhi e l’opera di una figura come Enzo Demattè, può esser ricondotta alle due ragioni per cui la Fondazione aderisce a questa iniziativa: il tema della mostra, con il suo immediato richiamo al paesaggio, e la valorizzazione del nostro patrimonio di documenti, di cui fanno parte l’archivio e la biblioteca di Demattè, attraverso un progetto condiviso con la Fondazione Papa Luciani e la famiglia Demattè. Se i magnifici carnets presenti nell’archivio, grazie alla densità di note e appunti, schizzi e fotografie, si configurano già come un densissimo documento/genere di immediato interesse paesaggistico che potrebbe costituire il fulcro di un’esposizione, la ricchezza e l’articolazione di tutta l’opera di Demattè hanno indirizzato il progetto verso la costruzione di un percorso che potesse far tesoro dei molti documenti dell’archivio».
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