Venerdì 26 gennaio la Fondazione Benetton Studi Ricerche propone, nell’auditorium di palazzo Bomben a Treviso, gli appuntamenti con Matteo Meschiari, antropologo, geografo e scrittore, professore all’Università di Palermo, inizialmente programmati lo scorso settembre, nell’ambito del ciclo di incontri “Naturale inclinazione” 2023, Vite da animali, e poi posticipati.
Alle ore 18, nell’ambito della riflessione sulla crisi ambientale globale del nostro pianeta e sull’urgenza di costruire nuovi modelli di convivenza e interazione tra tutte le forme di vita del pianeta, al centro della rassegna, Matteo Meschiari parlerà, nell’incontro Paesaggi terrestri cercansi, del cambiamento dell’immaginario terrestre, anch’esso assediato dalle conseguenze dell’Antropocene e da una inevitabile visione distopica del mondo, di fronte alle sempre più stringenti problematiche climatiche e sociali.
Introduce Luigi Latini, direttore della Fondazione.
Alle ore 20.30, seguirà la proiezione del film The Hunter di Daniel Nettheim (Australia, 2011, 102’), introdotta da Matteo Meschiari.
«Anche l’immaginario terrestre è cambiato» afferma Matteo Meschiari. «Ad esempio, in che modo nei tempi più recenti si è trasformata l’etica e l’estetica green? Il vecchio paesaggio rurale, il vivere bucolico, il giardino domestico, l’hortus conclusus non sono più il polo verde di una dialettica otium/ negotium, non funzionano più come l’oasi escapista di chi rigetta la società dei molto-troppi, ma sono già in potenza l’ecofortezza elitaria in cui alcuni fortunati, plausibilmente molto ricchi, potranno rifugiarsi per assistere al crollo dell’umanità restando al sicuro. Così anche un albero fiorito, un pezzo di campo, un prato verde sono ormai abitati dal fantasma della perdita imminente, dal dubbio di ritrovarsi o meno dalla parte giusta del muro. L’acqua non è più il bene di tutti ma l’oro liquido che presto finirà e sarà gestito da multinazionali o da oligarchi senza scrupoli. Il mare non è più la via che unisce le terre ma il teatro di una guerra di migrazione. I rifiuti non sono più il problema macroscopico di alcune metropoli ma sono lo scenario totalizzante del nostro futuro. In altre parole, anche i paesaggi più ameni che possiamo inventarci in un romanzo, che diamo come sfondo a una pubblicità di automobili, che inglobiamo in una rete turistica ormai museale, sono infestati dalle ombre striscianti dell’Antropocene».
The Hunter
di Daniel Nettheim (Australia, 2011, 102’)
Il cacciatore Martin David, interpretato da Willem Dafoe, viene ingaggiato da una misteriosa società di biotecnologie e mandato in Tasmania a catturare l’ultimo esemplare di Thylacinus cynocephalus, la fantomatica tigre della Tasmania considerata estinta dal 1936 che, come un fantasma, continua periodicamente a essere avvistata nelle aree più selvagge dell’isola. In una scena del film il protagonista guarda un video, facilmente reperibile in rete, girato nello zoo di Hobart nei primi anni trenta del Novecento dove l’ultimo esemplare noto di questa specie visse fino alla fine dei suoi giorni, che mostra qualcosa che nell’universo sappiamo che non esisterà mai più, che non si ripeterà mai più. «Nel ralenti zoppicante della pellicola il misterioso marsupiale si muove come uno xenomorfo di Hans Reudi Giger, bilanciandosi a volte sulla lunga, sgraziata coda, come un canguro, spalancando una bocca quasi disarticolata e, a volte, per un istante, guardando in macchina come una Medusa australe. Personalmente sono rimasto folgorato, trafitto da parte a parte, come se mi fossi affacciato su un abisso temporale pieno di presenze che non riescono a darsi pace. Nel film Dafoe ucciderà l’animale, ma solo per non farlo cadere nelle mani della compagnia di biotecnologie che contava di ricavare dal suo DNA una neurotossina da utilizzare in ambito bellico. Ultimo della sua specie, l’animale non fugge, china la testa e si lascia uccidere, e con lui muore per sempre una parte incalcolabile di noi. Ma quale?» (M.M.)
Matteo Meschiari
è antropologo, geografo e scrittore. Ha insegnato in varie università francesi e dal 2015 è professore associato di Geografia all’Università degli Studi di Palermo. Da anni svolge ricerche sul paesaggio in letteratura e sullo spazio percepito e vissuto in ambito europeo ed extraeuropeo. Tra le sue recenti pubblicazioni: Artico nero (2016); Geoanarchia (2017); L’ora del mondo (2019); Finisterre (2019); Antropocene fantastico (2020); Geografie del collasso (2021). Per Meltemi, ha pubblicato Disabitare (2018). Con Antonio Vena ha ideato il progetto “TINA – Storie della Grande Estinzione” sull’immaginario collettivo nell’Antropocene e i blog “La Grande Estinzione” e “Il problema di Grendel”.
Ingresso libero a entrambi gli appuntamenti.
Auditorium Palazzo Bomben, via Cornarotta 7, Treviso.