“Uzbekistan a Ca’ Foscari”. È la mostra rivelazione della stagione veneziana. A scorrere i pareri che i visitatori e, fra essi una sequenza davvero impressionate di “eminenze” del sistema mondiale dell’arte, hanno voluto lasciare a “Ca’ Foscari Esposizioni” sui registri di visita a “Uzbekistan. L’Avanguardia nel deserto. La forma e il simbolo”, c’è da rimanere colpiti.
Colpiti dall’entusiasmo, misto a stupore, che viene espresso intorno a questa magica mostra. Da più d’uno, e le firme in calce ai giudizi sono di quelle che “pesano”, si giunge a indicare questa come la vera scoperta culturale della stagione d’arte veneziana 2024.
Giudizi che lusingano, certo, Giuseppe Barbieri e Silvia Burini, direttori del Centro Studi sull’Arte Russa dell’Università Ca’ Foscari e curatori della mostra. Ma che, soprattutto, confermano l’urgenza di focalizzare ulteriormente l’attenzione del mondo occidentale dell’arte verso l’area ex sovietica, i cui fermenti e le cui peculiari vicende artistiche, continuano, tranne poche eccezioni, a essere marginalizzati se non del tutto ignoti, o ignorati.
A Venezia il pubblico ha l’opportunità di conoscere, e ammirare, opere mai prima esposte in Occidente in modo organico e ampio. Capolavori di artisti ben noti come Kandinskij accanto a opere non meno potenti di interpreti almeno in Occidente sconosciuti, in un armonico, naturale intreccio tra arte e arti applicate.
«Per poter offrire ai visitatori due percorsi paralleli così organicamente strutturati, siamo ricorsi – affermano i Curatori – sia alle raccolte del Museo Nazionale di Tashkent (dove già all’inizio degli anni ’20 erano presenti importanti capolavori dell’Avanguardia russa), ad attestare l’anticipata ricezione in loco di una matrice modernista, sia a quelle del Museo di Nukus, che fa emergere, con totale evidenza, la trasformazione di quella matrice in un linguaggio di enorme originalità, multietnico e interdisciplinare».
«Per non banalizzare un percorso storico-artistico così ricco, si sono resi necessari criteri espositivi esigenti, innovativi e, in una certa misura, anche coraggiosi. Con l’obiettivo di contaminare nel percorso le personalità degli artisti, i loro percorsi, le relazioni inestricabili con il patrimonio delle arti applicate».
«Giungendo anche ad affacciare alcune ipotesi praticabili per l’aggiornamento di almeno alcune situazioni museali in Uzbekistan, un Paese che sta significativamente investendo sulle infrastrutture espositive ma che dovrebbe, e certamente potrà, prevedere anche un progressivo adeguamento nelle strategie di display. Un’attività di ricerca, da qualche tempo in atto in Uzbekistan, che sta restituendo al mondo una pagina palpitante della storia dell’arte del Novecento, quella di cui la mostra di Ca’ Foscari offre oggi una affascinante anticipazione».
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