Sei un poliziotto russo squattrinato e perdi la donna che ami per “disattenzione”, tutto all’improvviso, in un attimo, nella fetida astanteria di un policlinico sull’Arbat. E di lei ti rimane un cappotto nero di cachemire, il suo regalo di nozze. Un giorno, avvolto in quell’ombra calda e scura che conserva una “leggerissima traccia del suo profumo”, vai a Cuba per identificare i resti saponificati di un amico, di professione spia. Continua la lettura di Martin Cruz Smith: il ritorno del commissario Arkady all’Havana.
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Il Pittore delle donne perdute: Henri de Toulouse Lautrec.
Il pomeriggio del 9 settembre 1901, il conte Henri de Toulouse-Lautrec-Monfa, appena dimesso da un manicomio e distrutto dalla sifilide e dall’assenzio, è seduto in poltrona mentre la madre gli tiene la mano, amorevolmente, nel salotto del castello di Malromò, una delle proprietà di famiglia, vicino a Bordeaux. Nella stanza accanto il padre Alphonse, detto il “principe nero”, un uomo che eufemisticamente si potrebbe definire bizzarro, discendente da una delle più antiche casate di Francia (vi basti sapere, che ha il diritto di portare gli speroni anche nella cattedrale di Reims) e che ama travestirsi ogni giorno in maniera diversa, fa rumori molesti cercando di uccidere le mosche, con una frusta di sua invenzione. Henri ha un moto di stizza e sbotta: “Toujours le vieux con” (che vi tadurrò, in maniera politicamente corretta, “sempre il vecchio rompiscatole”). Poi si accascia e muore, tra le braccia della madre che lo aveva immensamente amato e compreso, fin dal primo vagito. Continua la lettura di Il Pittore delle donne perdute: Henri de Toulouse Lautrec.
Giverny: il giardino-ossessione del superbo Claude Monet.
Ai confini della Normandia, la villa di Giverny fu perno visivo ed ispirativo del padre dell’Impressionismo, monsieur Claude Monet, lungo tutta la sua interminabile attività pittorica. Un catalogo inesauribile e rigoglioso di piante, fiori, giochi d’acqua, colori e luci: per quasi 40 anni, in ogni stagione e momento del giorno, con una maniacalità incontrollata, fu il soggetto preferito dall’artista. Continua la lettura di Giverny: il giardino-ossessione del superbo Claude Monet.
Il Commissario Maigret al mare: vacanze con delitto.
Lo so, sembra incredibile, ma anche l’infaticabile commissario Maigret si abbandonava ogni tanto al piacere di qualche sogno. A Parigi, nel suo ufficio al Quai des Orfèvres, gli capitava d’immaginare giornate senza impegni, ore libere e vuote, la calda luce dell’agosto vacanziero, la vista serena del mare, soprattutto nell’ora in cui diventa più pallido e, come scrive la penna inimitabile di Simenon, “sembra rabbrividire prima dell’avvampare del tramonto”. Il sogno, quell’anno, si era avverato. Maigret e la signora Maigret si trovavano finalmente a Les-Sables-d’Olonne, una stazione balneare della Vandea. Continua la lettura di Il Commissario Maigret al mare: vacanze con delitto.
Il figlio del Mito classico che dipingeva fuori dal tempo: Puvis de Chavannes.
L’eternità gli scorreva nelle vene e, con essa, un amore totalmente ricambiato per il respiro antico del Tempo dorato, popolato dai Miti e dai Sogni. Relegato nell’immobilità immeritata del passato, in realtà fu, per certi non trascurabili aspetti, un “padre” segreto della modernità pittorica di maggior richiamo. Il ventesimo secolo, forse nella totale inconsapevolezza e cecità data da un rombante progressismo, aveva un padre nascosto, incisivo e sorprendente, in Pierre Cècil de Chavannes (Lione 1824-Parigi 1898), che rappresentò la fine della Belle èpoque nel nome di un classicismo puro, al di fuori del tempo, ispirato all’universalità razionale di Piero della Francesca e della sua “pittura eterna”. Continua la lettura di Il figlio del Mito classico che dipingeva fuori dal tempo: Puvis de Chavannes.
Man Ray: l’occhio artistico che adorava le labbra e i nudi femminili.
Man Ray, pittore e fotografo statunitense, aveva in realtà, un pesante nome e cognome, Emmanuel Radnitzsky, che gli veniva da un padre ebreo ucraino trapiantato negli Usa e, nell’idea di spianarlo in una formula più accessibile, ovvero nella versione “Man Ray”, è quasi da vedere il primo intervento espressivo di stile Dada dell’artista, laddove per Dada s’intende un movimento artistico dell’Avanguardia europea dei primi del Novecento, che rifiuta ogni atteggiamento razionalistico, s’accompagna alla dissacrante negazione di forme e significati ed, è caratterizzato dal principio della casualità e dell’attribuzione di un nuovo valore, ad oggetti trovati nella quotidianità e decontestualizzati. Continua la lettura di Man Ray: l’occhio artistico che adorava le labbra e i nudi femminili.
…E venne il tempo della Paloma Bianca di Rosetta Loy.
Un accogliente albergo in montagna, un campo da tennis, piccoli e sfuggenti amori, le parole sperse al vento sui sentieri di una villeggiatura di tanti anni fa. “Come se quel mese di agosto avesse segnato lo spartiacque, fra il calmo fluire dell’infanzia e l’accavallarsi disordinato e prorompente di nuovi sentimenti”. Eccolo l’incipit, denso di attesa e di sorprese, del godibilissimo ed acre, nel contempo, romanzo di Rosetta Loy, dal titolo assai nostalgico “Ahi, Paloma” (pp. 64, casa editrice Einaudi, costo 5.16 euro), agile volumetto, che non si limita a raccontare il passaggio esistenziale, che infinite generazioni al mondo hanno vissuto e seguitano a vivere, ma si addentra anche in un’epoca di timori, incertezze e perplessità . Continua la lettura di …E venne il tempo della Paloma Bianca di Rosetta Loy.
Giù le mani, Monsieur Napolèon, da Messer Leonardo da Vinci!
Francia, inizi Ottocento, i predatori per eccellenza del nostro patrimonio artistico, ovvero i nostri cugini d’Oltralpe, i sudditi di Sua Maestà, l’Empereur Napolèon, colpiscono ancora. E lo fanno, alzando il tiro sul maggior Emblema culturale e scientifico che l’Italia abbia donato al mondo, ovvero Messer Leonardo da Vinci. Ma come avvenne che il borioso Napoleone ardì di compiere un furto siffatto? Ebbene, miei appassionati lettori, prestate attenzione ai fatti curiosi ed inediti, in cui ci addentremo fra poco e, scoprirete che si poteva beffare e schernire anche l’arrogante avidità del “piccolo” Corso, affammato d’ambizione e di potere. Continua la lettura di Giù le mani, Monsieur Napolèon, da Messer Leonardo da Vinci!